Omelia nella XXVI Domenica del Tempo Ordinario – Messa in ricordo di don Guido Mortari
Parrocchia di S. Agostino – Reggio Emilia
Cari fratelli e sorelle,
ho tanto desiderato questa celebrazione, fin dal momento in cui, nella solitudine quasi totale, ho benedetto la salma di don Guido. Finalmente ora possiamo pregare assieme: assieme a lui, assieme per lui, assieme lui. Assieme per lui: perché il Signore perdoni le sue colpe; assieme con lui: perché siamo convinti che egli già intercede per noi; e quindi assieme possiamo pregare lui, perché faccia scendere le benedizioni del cielo su questa nostra parrocchia. A lui si possono veramente applicare le parole che abbiamo ascoltato adesso nel Vangelo. Pondus totius diei et aestus: egli ha sopportato veramente il peso di un giorno molto lungo, con tanti momenti di caldo, di fatica, anche di dolore. Ma la vita sacerdotale, quando ci si mette sul solco di Dio, è sempre una vita realizzata, una vita che porta anche una grande gioia.
Il nostro amato don Guido ha servito per ben 41 anni in questa parrocchia come parroco e altri 15 come vicario cooperatore e collaboratore. Dopo 55 anni di fedele servizio, se n’è andato in silenzio, senza, addirittura, che potessimo celebrare il suo funerale. Era dunque doveroso per tutti noi ritrovarci assieme per questa Messa di suffragio e ringraziamento.
Saluto i familiari di Guido qui presenti, soprattutto i fratelli Silvio, Franca e Giovanni. Saluto il parroco, don Luca, e don Jonatan, come anche gli altri sacerdoti e diaconi presenti, in particolare il diacono Alberto Daolio che per 17 anni ha vissuto, insieme alla sua famiglia, con don Guido.
Infine saluto anche don Alessandro Ravazzini che con la presenza di una rappresentanza di nostri seminaristi ci ricorda il forte legame di don Guido con il seminario.
Vorrei trarre dall’inizio della prima lettura di questa liturgia le parole per descrivere le tante ragioni di gratitudine che la nostra Chiesa, e questa parrocchia in particolare, nutrono per don Guido. Il profeta Isaia ci ha donato una parola che è la sintesi di tutto ciò che vorrei dirvi questa sera: Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino (Is 55, 6). Questo versetto descrive la dinamica del rapporto di Dio con l’uomo, il dialogo tra la libertà umana e quella divina. Cercate il Signore…, invocatelo. Fin dagli albori dell’umanità l’uomo ha percepito la presenza di un essere a lui superiore a cui in qualche modo sono legati l’origine e lo sviluppo della vita, della creazione e della storia. Egli ha cercato di immaginare questo essere, ha provato a propiziarsi il suo favore, ha ricercato le strade per mettersi in comunicazione con lui. In un certo senso l’origine della parola, della scrittura e soprattutto dell’arte sono espressioni di questo desiderio. La filosofia, la letteratura, la musica, le religioni sono strade che documentano quanto questo quaerere Deum di cui il profeta parla sia parte essenziale della natura umana e non un’esigenza indotta dalla cultura. In quanto tale questo desiderio di Dio non può mai essere completamente estirpato dal cuore dell’uomo, non è soggetto alla “decostruzione” da parte del potere dominante. «L’uomo – come dice il Catechismo – è per natura e per vocazione un essere religioso. Poiché viene da Dio e va a Dio, l’uomo non vive una vita pienamente umana, se non vive liberamente il suo rapporto con Dio» (CCC 44).
Eppure, come rivela Isaia, questo cercare Dio da parte dell’uomo si risolverebbe in un nobile ma sterile tentativo se Dio per primo non si lasciasse trovare, se egli non si facesse vicino: Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino (Is 55, 6). È Dio che prende l’iniziativa ed è l’azione del suo Spirito a generare nell’uomo il desiderio di cercarlo e di continuare a cercarlo anche dopo averlo trovato. Prima ancora che la creazione, la coscienza e la ragione, dunque, è lo stesso desiderio di cercare Dio il segno più evidente della sua presenza. Sant’Agostino dice: «Non lo cercheresti, se Egli non ti avesse cercato per primo. Più lo trovi e più il desiderio di cercarlo si fa cocente. Più lo trovi e più lo cerchi. Lo trovi solo per cercarlo più avidamente» (Commento al Vangelo di Giovanni, 63,1). Dio è sempre più grande di quanto l’uomo riesca a percepire. I suoi criteri, come anche Gesù fa vedere nel vangelo che abbiamo ascoltato, superano sempre le miopi logiche umane.
Che cosa c’entra tutto questo con don Guido? Penso che tra le tante cose che si potrebbero dire di lui (molte delle quali sono state raccolte in un libro a cura di Giuseppe Adriano Rossi e don Luca Grassi), quella forse più sintetica è proprio questa: egli si è posto in mezzo al popolo di Dio come al crocevia di questa ricerca di Dio da parte dell’uomo. La sua dedizione sponsale per questa parrocchia, la sua paternità, la sua stessa presenza erano per tutti segno del “lasciarsi trovare” di Dio e nello stesso tempo della sua alterità.
La profonda vita di preghiera e la fedele celebrazione dei sacramenti da parte di don Guido erano, poi, il segno più evidente che occorre continuare sempre a cercare Dio anche dopo averlo trovato. Fare spazio a questo insegnamento mi sembra il modo più bello e fecondo per ricordare don Guido e mantenere viva in questa comunità la sua memoria. La Madonna della Cintura – qui esposta – a cui don Guido era particolarmente legato, ci ricorda anche la sua fervente devozione mariana.
A lei allora affidiamo il nostro ringraziamento per il dono che il Signore ha fatto alla nostra Chiesa attraverso don Guido e la preghiamo di accoglierlo ora nel riposo e nella luce del suo Figlio.
Amen.