Omelia nella Solennità dell’Immacolata Concezione di Maria
Marola
Cari amici,
quella di essere immacolati è un’esperienza che sentiamo molto lontana da noi. Molte volte ci sentiamo invece sporchi e macchiati dalle nostre colpe, dai nostri peccati, dai nostri limiti. E quanto più facciamo propositi di bene, tanto più ci sembra di non riuscire a mantenerli, quasi che si avverasse anche per noi la maledizione della Legge di cui parla san Paolo nella lettera ai Galati (cf. Gal 3,10-13).
Ma Dio ha voluto immettere un raggio di luce sicuro dentro queste nostre ombre e queste nostre tenebre. Non si è accontentato di essere Lui la luce. Certamente Dio è luce, ed è luce abbagliante, a tal punto che l’occhio dell’uomo non può reggerne la luminosità: nessuno può vedere Dio e restare in vita (Es 33,20). Proprio allo scopo di rendersi visibile, Dio si è fatto uomo, dopo aver a lungo preparato la sua discesa in mezzo a noi. Egli è così apparso a noi veramente come luce (cf. 1Gv 1,5). I Vangeli sono intrisi di questa rivelazione: nell’umanità di Gesù si manifesta la luce del Padre, luce sommessa o luce abbagliante, luce immediata o luce nascosta.
Eppure l’uomo ha avuto bisogno ancora di qualcosa d’altro, e cioè di sentire che questa luce fosse possibile anche per lui, che essa fosse possibile sulla terra anche per una persona che non fosse l’uomo-Dio. Ed ecco dunque l’Immacolata Concezione di Maria: una creatura umana come noi, ma che, proprio perché aveva portato in sé il Figlio di Dio, era stata preservata dal buio.
Anche il nostro buio può essere illuminato. Sappiamo infatti che il Figlio di Dio fatto carne, morto e risorto, è una presenza di luce sicura nella nostra umanità. Sappiamo che Maria, Madre di Dio e Madre nostra, è una presenza sicura per la nostra umanità, a nostro vantaggio.
L’Immacolata Concezione di Maria non è la festa della nostra sconfitta, di noi macchiati, di noi che siamo segnati dalla polvere. Essa è piuttosto la festa del nostro riscatto, di noi che guardando alla luce di Maria sappiamo di avere in lei un punto di riferimento, un punto a cui sempre poter rivolgere i nostri occhi, per trovare una meta del nostro cammino. Così non ci demoralizziamo, perché sappiamo che Maria non è soltanto luce per la nostra vita, ma che ella ci attrae con la sua luce e ci rende certi che già in questa vita è possibile essere luminosi.
Il mistero dell’Immacolata Concezione di Maria si spinge ancora oltre: ella non è semplicemente una Madre che ci attrae, ma è una Madre che intercede per noi e dunque, rivolgendosi al Figlio suo, dice: “Guarda a tutti gli uomini e le donne! Essi sono nella terra e nella polvere. Permetti loro di camminare, guidali, portali a me!” In questo dialogo fra la Madre e il Figlio noi troviamo lo spazio della nostra luminosità.
La nostra è una luce partecipata, ricevuta: non brilliamo di una luce che scaturisce da noi stessi. Brilliamo di luce riflessa, come accade alla luna. Ma nello stesso tempo possiamo irraggiare questa luce ricevuta anche su chi ci è vicino, sulle vite che incrociamo, sulla società che abitiamo. E in questo modo l’Immacolata Concezione di Maria diventa una festa sociale. Ogni solennità cristiana non è mai semplicemente rivolta al singolo credente, ma è tesa a trasformare tutto il popolo e tutta la comunità che ci circonda. Amen.