Omelia per l’inizio dell’anno accademico dello STI
Reggio Emilia
Cari fratelli e sorelle,
è un’occasione particolare quella che ci trova qui riuniti. L’inizio ufficiale del nuovo anno accademico dello Studio teologico.
Voglio salutare innanzitutto monsignor Francesco Cavina, vescovo di Carpi, carissimo amico e fratello nell’episcopato. Lo ringrazio di essere qui, egli è di molto sostegno al mio ministero.
Poi saluto don Daniele Moretto, il nostro preside, che conclude quest’anno il suo mandato. Desidero ringraziarlo per tante ragioni: perché non risparmia mai le proprie energie; perché tutto ciò che fa lo fa molto puntualmente, con una precisione che è veramente ammirabile. E anche per il suo insegnamento, naturalmente. Poi saluto qui tutti gli altri docenti, i rettori del seminario e i loro collaboratori.
Permettetemi di parlare oggi ai seminaristi che si preparano all’ordinazione presbiterale. Che posto ha lo studio nella vostra preparazione?
All’inizio di questo mio breve intervento, voglio sottolineare il profondo legame tra tutte le dimensioni della persona e lo studio stesso. Non possiamo procedere a compartimenti nella nostra formazione verso il sacerdozio.
Lo sviluppo della nostra intelligenza e conoscenza, della nostra volontà e libertà, della nostra affettività, del nostro spirito e perciò della nostra relazione con Dio… tutti questi aspetti sono profondamente connessi tra di loro e lo studio li interseca e li riguarda tutti. Avete la fortuna di vivere, in diverso modo, all’interno di comunità e questo è molto importante per lo studio che non è mai un’attività individuale, anche se è sempre una attività personale, perché esso sorge da qualcosa che viene prima, la realtà ecclesiale in cui siamo inseriti.
La nostra intelligenza è un intellectus quaererens fidem. Lo studio è l’intelligenza applicata alle diverse discipline della teologia. Riceviamo la fede e nello stesso tempo vogliamo che il nostro obsequium fidei sia rationabile, ragionevole fin dove è possibile. Vogliamo entrare a conoscere e vogliamo anche dare alle nostre conoscenze un’unità. Quanto è importante che al termine del nostro studio si possa avere una visione di sintesi, di ciò in cui crediamo, di ciò che amiamo e in cui speriamo. Dobbiamo temere una teologia fatta soltanto di dubbi, dobbiamo amare una teologia che ci porta ad avere una visione di sintesi, altrimenti che cosa ci orienterà, che cosa ci sosterrà nella nostra vita sacerdotale? La vocazione sacerdotale è una vocazione altissima che mette in discussione tutte le dimensioni della nostra personalità, che le potenzia, che le spinge a cercare di compiersi in modo elevato.
Lo studio non è solo intelligenza, ma soprattutto intelligenza dell’amore, perché si conosce veramente solo ciò che si ama e si può arrivare veramente soltanto a conoscere ciò per cui nasce una connessione di spirito e di intendimenti profondi. Perciò il nostro studio teologico e anche quello filosofico è uno studio che ci porta alle cose, alla vita, a Colui che è la sostanza della nostra esistenza, a Dio. E in Dio, ci aiuta a camminare.
Tanto più andrete avanti tanto più scoprirete quanto sia profonda la connessione fra l’intelligenza e l’amore, così come è profondissima la connessione fra la libertà e l’obbedienza, così come sono profondi i legami fra il sacrificio e la gioia.
Studio, studere, applicarsi, lavorare; ecco una dimensione importante dello studio, il lavoro. Lo studio ha bisogno di ore, di tempo, ha bisogno di giorni e di mesi. Nella nostra giornata tutto deve avere un suo posto ed è importante che lo studio abbia il suo posto, è importante che nella inevitabile frammentarietà di una giornata, lo studio aiuti la ricomposizione in unum della nostra personalità.
È importante che lo studio diventi oggetto anche delle vostre conversazioni, oltre che del vostro lavoro, delle vostre domande, delle vostre attese, che lo studio sia sempre una cosa viva perché riferita infine a quella Persona che ci ha chiamati e che ci vuole suoi: Il Verbo fatto carne. Questo è il vero soggetto del nostro studio, di qualunque disciplina: il Verbo fatto carne. Senza di Lui non saremmo qui, senza di Lui ogni sforzo della nostra volontà sarebbe vano e frustrante, senza di Lui la nostra intelligenza si stancherebbe, senza i suggerimenti e gli aiuti del Suo Spirito non potremmo veramente arrivare ad avere la visione luminosa e chiara di ciò che studiamo.
Vorrei parlarvi, anche se solo per accenni, del profondo legame del vostro studio, di qualunque materia, con la liturgia. La liturgia sia l’esperienza fondamentale a cui il vostro studio guarda e da cui il vostro studio parte, a cui il vostro studio arriverà. Perché la liturgia è l’esperienza viva di Dio presente, di Dio che ci dà già il preannuncio di ciò che ci attende, di Dio che si manifesta come Parola e come Eucarestia nella persona del Figlio. In questo modo offre a noi non solo il contenuto del nostro studio ma anche il metodo di esso: Cristo si rivela oltre che come verità anche come via.
Vi invito poi allo studio delle lingue, in particolare del latino e del greco, se fosse possibile dell’ebraico, perché il vostro studio abbia sempre la possibilità di attingere ai testi biblici dell’Antico e del Nuovo Testamento in modo diretto, continuo e sapienziale. Ecco un’altra fonte del nostro studio, oltre alle liturgia: la parola di Dio, la Sacra Scrittura in cui dobbiamo sempre cercare e domandare il rivelarsi della persona viva di Cristo presente, morto e risorto per noi.
Tutto può intersecare il nostro studio: le domande della storia di oggi, le domande che le persone ci rivolgono, le attese che sentiamo già crescere intorno a noi, come piccoli sacerdoti ante litteram, le persone che ci interpellano, che ci chiedono di pregare per loro, che ci espongono i loro problemi. Tutto deve diventare contenuto interessante del vostro studio. Cosa risponderò a questa domanda? Ecco l’importanza dello studio della teologia morale: cosa potrò dire a queste persone, come potrò aiutarle, come potrò essere un pastore vero per loro?
La contemplazione della persona di Cristo, vivo nella sua Chiesa, l’origine trinitaria della nostra vita e di tutta la vita del cosmo. Quanti temi di riflessione, di meditazione e di approfondimento! Non dimenticate mai lo studio del Padri della Chiesa. Abbiamo avuto lì la prima sintesi, il primo incontro, in un certo senso definitivo e irreversibile, fra l’evento cristiano e la cultura del mondo. Tante altre sintesi non trascurabili sono venute dopo di loro, ma quella sintesi ci abbevererà per sempre. Scegliete gli autori che restano, le lettura fondamentali, i grandi Padri. Su quelli vi dovete formare, non su ciò che è trascurabile e secondario, ma su ciò che è fondamentale. Sui classici della filosofia, della teologia, della fede.
Sono importanti per voi anche i maestri dello Spirito. Non fate mai la teologia separata dalla vostra vita e in particolare della vostra vita spirituale. Come notava Von Balthasar la separazione, anzi la scissione, fra teologia e vita spirituale è stato uno dei più gravi drammi della Chiesa moderna. Così anche noi possiamo vivere una circolazione continua fra la preghiera e lo studio, tra la liturgia e la nostra meditazione, fra i Padri e le grandi domande degli uomini nostri contemporanei. Quello che in noi si riverbera diventa, a poco a poco, conoscenza che cresce e amore che divampa.
Vi auguro realmente che l’esperienza dello studio sia affascinante e bella. Non avrete più tempo nella vostra vita sacerdotale come avete adesso. Vi auguro di essere domani dei sacerdoti che continueranno a studiare anche nei limiti del poco tempo che sarà loro concesso, perché un presbitero che non studia più è come una fontana che a poco a poco si inaridisce, diventa ripetitivo, monotono, monotematico, monocorde ed infine noioso. Vi auguro di poter utilizzare anche le briciole di tempo, le gocce del tempo come diceva Agostino. Dovete creare in voi un habitus di studio, un allenamento dello studio: avete un tempo lungo di cinque o sei anni che vi permette realmente un abbevera mento che vi accompagnerà per tutta la vita.
Tanti auguri a tutti e grazie ancora a coloro che sono i nostri maestri.