Omelia per la messa in occasione della visita alla parrocchia di San Giuseppe in Santa Maria Assunta affidata alla comunità sacerdotale Familiaris Consortio
Montorio
Cari fratelli e sorelle,
carissimi don Simone e don Sergio,
la mia presenza oggi qui tra voi vuole esprimere la mia vicinanza a questa vostra nuova missione. La comunità sacerdotale Familiaris Consortio è certamente un’espressione importante della Chiesa reggiana. Nel nostro territorio è nata, si è sviluppata e ha portato i primi frutti. Tuttavia, come la storia della Chiesa ci insegna, ogni piccola gemma che nasce non porta una nuova fioritura solo al proprio ramo, ma a tutta la pianta. In ogni evento realmente ecclesiale, pur nella concretezza e nella unicità che lo origina, è sempre racchiusa la chiamata all’universalità e alla cattolicità. Ritengo pertanto che la presenza di questa vostra casa qui sia certamente un’occasione importante per il popolo affidato alle vostre cure, ma anche per la vita della vostra comunità sacerdotale.
Veniamo ora al vangelo che abbiamo appena ascoltato. Il racconto dell’apparizione ai discepoli di Emmaus è singolare. È ricco di particolari, di discorsi, di gesti come nessun altro episodio di apparizioni. Dobbiamo perciò accostarlo con molta curiosità, con molta attenzione, con molta cura.
Due dei discepoli erano in cammino per un villaggio di nome Emmaus (Lc 24,13). Innanzitutto vorrei sottolineare questo aspetto: Gesù si avvicina, si accosta, si accompagna al cammino non di un unico discepolo, ma di due. In tanti altri passi del vangelo Gesù ribadisce l’importanza di essere almeno due: dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro (Mt 18,20); li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi (Lc 10,1). Cosa significa? Certo, i contesti di queste espressioni sono molto differenti e bisognerebbe entrare in un’analisi approfondita a riguardo. Una cosa tuttavia possiamo dire: Cristo ha affidato la sua presenza, la sua missione, la sua opera salvifica a una comunione, alla Chiesa. Ritengo perciò fondamentale riscoprire la bellezza della comunione cristiana, comunione che si origina ed è sostenuta dall’unità che voi, don Simone e don Sergio, sarete disposti a vivere e che si irraggerà come un fuoco dirompente a tutte le persone, bambini, giovani, famiglie e anziani che incontrerete e coinvolgerete con le vostre vite. Camminate perciò certi e decisi su questa via. Nell’umiltà e nella pazienza Dio donerà a voi tutti la sua benedizione.
Un altro passo ha poi catturato la mia attenzione: Egli entrò per rimanere con loro (Lc 24,29). Ritengo che questo sia il cuore del racconto. Cristo entra in un luogo per restare. Egli entra in un luogo e lo rende casa. La casa è un luogo dove la sua presenza è riconoscibile, incontrabile, affettivamente sperimentabile. Perché la nostra comunità sia casa per voi e per tutti coloro che incontrerete, sono necessari due pilastri: la Scrittura e l’Eucarestia. Siano questi i due fuochi costanti del vostro essere assieme. Attraverso la Scrittura, meditata da soli e condivisa con gli amici, possiamo conoscere Cristo e sentire il nostro cuore ardere della stessa gioia dei due discepoli di Emmaus. Attraverso la celebrazione eucaristica e l’adorazione siamo portati nel dialogo tra il Padre e il Figlio attraverso lo Spirito. Lì non finiamo mai di scoprire la vera sorgente della nostra unità, la scintilla che alimenta la carità fraterna, l’instancabile operosità missionaria. L’Eucarestia è il cuore della vita di ciascuno di noi, di questa comunità, dell’universo.
Cari fratelli e sorelle, tre parole ci suggerisce oggi questa liturgia: comunione, Scrittura ed Eucarestia. Fatene il cuore della vostra vita. Dio non tarderà a fare scendere la sua grazia su di voi. Offro questa messa perché la benedizione del Signore accompagni tutti i vostri passi. Così sia.
+Massimo Camisasca