Omelia per la messa del Corpus Domini
Cattedrale di Reggio Emilia
Cari fratelli e sorelle,
la festa di oggi ci pone davanti alla sorgente e al culmine della vita cristiana: l’Eucarestia (cfr. Lumen Gentium 11), la comunione. Nell’Eucarestia infatti si raccoglie tutta la storia della salvezza, il suo inizio e il suo inimmaginabile compimento. È difficile trovare le parole adatte che esprimano questo inesauribile mistero. Solo nell’adorazione e nella contemplazione possiamo impararle, qui davanti a Dio, davanti alla sua presenza sommamente reale.
Quali parole impariamo? Innanzitutto che Dio che ci cerca per primo. (cfr. 1Gv 4,19). È un movimento verso di noi che nasce dall’infinito della Sua persona, che diventa volto, uomo, Gesù, fino a “farsi” un oggetto a noi familiare, un pezzo di pane. Eppure, nulla perde della sua infinita profondità. La sua è una voce che viene dal fondo della vita divina e si affaccia sulla nostra esistenza, come un’onda che dalle profondità del mare arriva sulla spiaggia a depositare il suo dono di conchiglie e di sabbia. L’Eucarestia è come l’ultima visibile emergenza di un abisso, l’abisso di Dio. È Dio che viene ad abitare il nostro io, risvegliando in noi il desiderio di Lui, del suo sguardo. Così l’adorazione diventa un incontro di sguardi, il più misterioso nella storia degli amanti. Il più profondo, il più provocante, quello capace di portare ai cambiamenti più definitivi.
Nell’adorazione impariamo poi che l’amore di Dio per noi è carnale e senza riserve. L’eucarestia non è la ripetizione di un avvenimento, è la sua permanente attualità a ogni istante della storia umana. Gesù non ha voluto imporsi. Ha voluto proporsi alla nostra libertà, in modo tale che essa fosse invogliata, come abbagliata da un mistero di amore struggente, che si annienterebbe pur di essere accolto e riconosciuto. Si è fatto un pezzo di pane inerme, disponibile, totalmente affidato alle mani umane. Si è fatto cibo, quasi a rimandarci al fenomeno biologico dell’assimilazione, per cui non distinguiamo più ciò che siamo da ciò che abbiamo mangiato, che stiamo diventando. Compenetrazione carnale più profonda di ogni altra immaginabile, che ci assimila alla Sua realtà divina. Partecipi della natura divina, dice San Pietro (2 Pt 1, 4).
Impariamo infine che la vita ha una direzione da scoprire e da riconoscere. L’Eucarestia è innanzitutto la scuola del silenzio, dello sguardo che sa intravedere, che sa vedere dentro le cose, dentro i fatti, fino a raggiungere la sorgente del Mistero che li origina. Non è il caso a guidare la nostra esistenza, ma una Presenza amante che ci ha voluti, creati e che non smette di attrarci a sé.
Di fronte al memoriale del sacrificio di Cristo (cfr. Adoro Te devote, san Tommaso d’Aquino), scopriamo anche il valore delle ore apparentemente perdute, delle ore della distrazione, della dimenticanza, della ribellione, della superficialità, del dolore e della notte. Cristo stesso ha vissuto questo buio, questa pesantezza, questa fatica, e nella sua obbedienza al Padre ha trasformato tutto ciò in luce. L’Eucarestia è perciò la testimonianza più impensabile e formidabile del buio diventato luce, del sangue diventato vita, della morte diventata eternità.
Cari fratelli e sorelle, l’Eucarestia è una scuola dalla quale non si finisce mai di imparare, un maestro che ha sempre nuove scoperte da insegnarci, che apre nuovi scenari sulla vita, che chiede nuovi passi alla nostra libertà. È la scuola del silenzio vero, dove tutto ha una voce; la scuola dell’offerta, dove tutto ha un peso e un valore; la scuola della verginità e della povertà, dove impariamo a vivere come Gesù ha vissuto; la scuola dove tutta la vita si riannoda, senza la violenza che vuole spiegare tutto e di tutto vuole fare un bilancio. Scuola di una consegna totale a Dio, che sarebbe per noi solo una misura irraggiungibile se la consegna di Cristo al Padre non avesse rivelato che è Lui ad avere fame e sete del nostro “sì”.
Per questo sono grato a tutte le comunità che hanno iniziato l’adorazione eucaristica, settimanale o perpetua. Incontrando le persone che vivono l’adorazione, sono sempre confortato dai frutti che sorgono nelle loro vite. Mi auguro che sempre più, nella nostra Diocesi, si possano accendere piccoli fuochi silenziosi in cui potersi inginocchiare davanti a questo cuore di Dio che vuole parlarci e offrirci i suoi doni.
Al termine della celebrazione, usciremo in processione e cammineremo per le strade della città portando a tutto il nostro popolo questo enorme tesoro racchiuso sotto la semplice specie del pane. Anche in questa occasione, la presenza di Cristo sarà silenziosa, nascosta, dimessa, eppure ansiosa di incontrare lo sguardo di tutti gli uomini che lo attendono anche senza saperlo. Accompagniamo questo momento con la preghiera, perché cresca in noi il desiderio di immergerci nel mistero dell’Eucarestia e perché tutto il nostro popolo si possa aprire a questo amore infinito.
Così sia!
+ Massimo Camisasca