Omelia per la festa delle Case della Carità
Palazzetto dello Sport di Reggio Emilia
Cari fratelli e sorelle,
questo appuntamento è diventato per me un momento atteso. Vedo qui riunito un popolo in festa. Un popolo numeroso, un popolo variegato, un popolo formato da famiglie, giovani, fratelli e sorelle consacrati, diaconi e sacerdoti, assieme per partecipare all’Eucarestia. Saluto con affetto i miei confratelli nell’episcopato mons. Adriano Caprioli, mons. Daniele Gianotti, mons. Lorenzo Ghizzoni, mons. Luciano Monari.
Sono molti i motivi di festa. Innanzitutto, la gratitudine per i 75 anni di vita delle Carmelitane Minori. Gli anniversari non sono semplici occasioni per scambiarsi gli auguri. Sono momenti privilegiati in cui ci è data la possibilità di porre lo sguardo su ciò che normalmente viviamo con un po’ di distrazione o abitudine: la grazia di Dio che accompagna la nostra esistenza e la rende ricca di incontri, di conversioni e di opere. Credo che questi siano stati i frutti della vostra storia: accompagnamento alle persone sole, ai bisognosi, ai poveri; occasione di crescita nella preghiera e nella fede; carità di tante iniziative rivolte a tutti. Ringraziamo dunque il Signore per la vostra presenza e chiediamogli di illuminare il futuro con letizia e speranza. Segni di letizia e speranza, infatti, sono questi nostri fratelli e sorelle, famiglie, consacrati e ausiliari che oggi sono qui per rinnovare, in modi differenti, il loro impegno davanti a Dio all’interno della famiglia delle Case della Carità.
Vorrei ora condividere con voi alcune riflessioni a partire dalle letture appena ascoltate. L’immagine centrale di questa domenica sono le nozze. Questo tema attraversa tutta la Scrittura ed è fondamentale per comprendere la storia della salvezza. Certo, non posso in questa occasione esaurire l’importanza di un argomento così ampio. Vorrei semplicemente sottolinearne tre aspetti.
Innanzitutto, il Padre manda ad annunciare le nozze del Figlio: Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire (cfr. Mt 22,3). Il Padre sceglie degli annunciatori, ma il loro messaggio non viene accolto: qualcuno non se ne cura, qualcuno torna ai propri affari, qualcuno addirittura li oltraggia e li uccide (cfr. Mt 22,5-6). Troviamo qui un richiamo ai profeti, a quelle sentinelle che il Signore ha inviato al popolo di Israele per annunciare l’Alleanza. Sappiamo però che la loro parola è caduta inascoltata. I loro richiami sono stati rifiutati e molti uomini inviati da Dio sono stati uccisi. Ecco il primo insegnamento: contempliamo ogni giorno la Parola di Dio, meditiamola, cibiamocene. In essa impareremo a conoscere il volto dello Sposo e, al momento della sua venuta, sapremo riconoscerlo e parteciperemo alla sua gioia (cfr. Is 25,9).
Una seconda notazione. Abbiamo visto che gli invitati rifiutano l’invito alle nozze (cfr. Mt 22,3). Il re allora manda i suoi servi a raccogliere le persone ai crocicchi delle strade (Mt 22,9). Egli vuole ora invitare tutti al banchetto. In particolare, la meravigliosa immagine di Isaia ci suggerisce che egli vuole accanto a sé gli afflitti, coloro che sono calunniati, coloro che hanno sperato in lui perché li salvasse (cfr. Is 25,7-9). Egli dunque vuole vicino a sé i poveri, desidera consolare coloro che soffrono e asciugare le lacrime sul loro volto (cfr. Is 25,8). Questa è un’immagine piena di tenerezza che ci permette di intravedere nell’onnipotenza di Dio anche tratti premurosi e materni.
La povertà che Dio cerca e che ci fa accedere alle nozze è anche, e prima di tutto, una posizione del cuore. È la semplicità di chi si pone con fiducia davanti a Dio, bisognoso di tutto, certo che da Dio tutto può ricevere: Il mio Dio… colmerà ogni vostro bisogno secondo la sua ricchezza con magnificenza, in Cristo Gesù (Fil 4,19). Pertanto prenderemo parte, gusteremo e godremo del banchetto che Dio ci prepara nella misura della nostra povertà.
Un ultimo pensiero. L’invito alle nozze e al banchetto ha anche una dimensione escatologica. Ogni cibo allontana la morte, ma non la vince. Dio ci pone innanzi un cibo succulento (Is 25,6) che eliminerà la morte per sempre (Is 25,8), un cibo che ci introdurrà nella vita che non conosce termine. Questo nutrimento ci è già donato ora in Cristo: Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno (Gv 6,51). Ecco dunque un richiamo al banchetto eucaristico. Le nozze sono un’immagine della gioia, del gusto e della pienezza di vita che ci attende. La luce di questa festa illumina già il presente. Sin da ora Dio ci dona il cibo di vita eterna, il cibo di consolazione e fortezza. Per questo il nostro cuore è pieno di esultanza.
Cari fratelli e sorelle, attorno alla figura banchetto di nozze ritroviamo i tre pilastri che don Mario ha voluto rappresentassero l’esperienza delle Case della Carità: la mensa della Parola, la mensa dei poveri e la mensa dell’Eucarestia. Chiediamo a Dio, attraverso l’intercessione di santa Teresa d’Avila, che continui a radunare e sostenere la vostra famiglia e tutti i figli che vorrà donarvi. Amen.
+ Massimo Camisasca