Omelia nella messa dell’Assunzione in cielo di Maria
Marola
Cari fratelli e sorelle,
rivolgiamo la nostra attenzione al Vangelo che è proposto dalla Chiesa in questa solennità dell’Assunta: il Vangelo della visita di Maria – incinta di Gesù, che verrà chiamato il Cristo, il Messia, l’atteso – alla cugina Elisabetta, che portava in grembo Giovanni, che verrà soprannominato il Battista, il battezzatore, destinato ad aprire le vie al Signore.
Nessun testo biblico contiene una visione così chiara e completa del posto di Maria nella storia del mondo. Per questo la liturgia l’ha scelto per questa data che rappresenta il vertice delle feste mariane dell’intero anno liturgico.
Maria raggiunge in fretta la Giudea. La sua è un’ascesa, un innalzamento realizzato dalla carità più che dalla geografia. Elisabetta è al sesto mese di gravidanza, Maria è all’inizio. Per la cugina, che è molto avanti negli anni, si annunciano mesi difficili, forse da passare a letto, certo bisognosi di aiuto. A Nazareth era arrivata con le carovane la notizia di quella gravidanza miracolosa, ma Maria l’aveva saputa direttamente dall’angelo, nelle cui parole la giovane donna dalla Galilea aveva avvertito un invito a quel viaggio e a quella visita.
Nasce così, nell’incontro, un bellissimo dialogo a quattro, in cui vediamo, tra l’altro, un’attestazione chiara del valore della vita tra concepimento e nascita, che si affermerà lentamente proprio in grazia di questi Vangeli dell’infanzia.
Il bambino nel seno di Elisabetta sussulta alle parole di Maria perché avverte in lei la presenza del Salvatore. Elisabetta, allora, esprime con la sua voce le parole che generazioni e generazioni di credenti ripeteranno nell’Ave Maria e, ripiena di Spirito Santo, profetizza: “Sei beata perché hai creduto nell’adempimento della promessa del Signore” (cfr. Lc 1,45).
A queste espressioni della madre del Battista, la Madonna risponde con un lungo canto di beatitudine, quasi un riassunto di tutto l’Antico Testamento e una rivelazione della storia futura. Non è un elogio di se stessa, come potrebbe sembrare a prima vista. Un’autoesaltazione di sé è quanto di più lontano da ciò che troviamo sulle labbra della Vergine. La sua voce, all’opposto, si esprime in un canto di benedizione e di lode a Dio. Il suo animo è tutto rivolto a Lui che ha scelto l’ultima delle donne di Israele per farne strumento della salvezza per tutto il mondo. Tutta la storia la dirà beata (cfr. Lc 1,48), non come verranno esaltati coloro che saranno ritenuti protagonisti della vicenda umana. Essi realizzeranno un loro progetto di potere e di gloria. Maria, invece, trova tutta la sua grandezza nell’obbedienza, nell’umiltà, nell’essere semplicemente la serva del Signore.
Ella ha donato tutta se stessa, il suo corpo, la sua mente, la sua anima affinché si realizzasse l’opera di Dio. L’Onnipotente aveva bisogno di un “sì” perfetto per compiere il suo disegno di salvezza e di misericordia per coloro che lo temono.
I superbi che si esaltano nei pensieri del loro cuore, i potenti che si innalzano sui loro troni, vedranno tutta la povertà e la labilità della loro superbia (cfr. Lc 1,51-52). Maria invece, affamata soltanto di Dio, non verrà più dimenticata: attraverso di lei il popolo di Israele vede fiorire il frutto più bello della sua storia, vede affermarsi in modo definitivo quella misericordia iniziata con Abramo che consisteva nel raduno ultimo e glorioso del popolo del Signore a cui sono chiamate tutte le genti.
Al centro della storia del mondo, come al suo inizio, sta dunque la figlia di Sion, Maria, preannunciata al momento della colpa di Adamo ed Eva (cfr. Gen 3,15) e manifestata agli occhi dei poveri nei tempi ultimi. Questa storia sotterranea e quasi nascosta è la vera storia del mondo che, per il dono dello Spirito e l’intercessione di Maria, aggrega ogni giorno alla Chiesa nuovi figli e prepara l’avvento definitivo del Signore a cui tutti siamo rivolti in ogni giorno della vita, in ogni celebrazione eucaristica dicendo: “Attendiamo la Tua venuta” (cfr. Messale romano, Preghiere eucaristiche).
Rallegràti e rassicurati dalla grande degnazione di Dio che si rivela come padre misericordioso nel ventre, nella vita e nell’Assunzione in cielo di Maria, riprendiamo il nostro cammino sulla terra con una speranza sicura e definitivamente fondata di partecipare noi pure alla stessa gioia, alla stessa misericordia, alla stessa luce di gloria.
Amen.