Omelia per la festa delle Case della Carità nella solennità di S. Teresa di Gesù
Palazzetto dello Sport di Reggio Emilia
Carissimi fratelli e sorelle,
è sempre una grande gioia per me e per tutta la nostra Chiesa vivere assieme questa celebrazione. Saluto e ringrazio per la loro presenza i cari confratelli nell’episcopato, mons. Lorenzo Ghizzoni e mons. Adriano Caprioli, che con la loro presenza allietano ogni anno la nostra festa. Saluto poi tutti i sacerdoti presenti, i religiosi e le religiose, soprattutto i fratelli e le sorelle della Carità la cui famiglia gioisce oggi per due nuove professioni religiose, di Alessandro da Sassuolo e di Beatrice da Roma, e per una professione perpetua, di sr. M. Alessandra della Madonna della Ghiara.
Un saluto particolare poi a tutti gli ospiti delle Case che ci ricordano la ragione fondamentale per cui siamo qui: la presenza di Gesù che ci chiama a riconoscerlo e servirlo nei nostri fratelli e nelle nostre sorelle.
Occorre sempre ritornare a questo cuore della nostra missione: riconoscere Gesù che ci aspetta nei fratelli più poveri, che si identifica con loro. Egli è presente nelle loro persone con la sua umanità ferita e assetata.
Così come nel vangelo che abbiamo appena ascoltato, anche oggi egli, attraverso questi nostri fratelli, ripete a ciascuno di noi: ho sete (Gv 19, 28). Dammi da bere (Gv 4, 7). Come rimanere indifferenti di fronte a un Dio che si fa così debole, inerme? Un Dio che si pone nelle nostre mani, proprio come accade nell’Eucarestia? La sete di Gesù è uno dei misteri che più tocca e scuote la nostra sensibilità umana. Questa sera, festa di santa Teresa D’Avila, penso anche a un’altra Teresa, di recente canonizzata, Teresa di Calcutta. Ella ha dedicato tutta la sua vita a rispondere a questa sete. Ho sete era, e rimane per tutte le sue Missionarie, il principio ispiratore della loro infaticabile opera. Madre Teresa ha voluto che questa espressione fosse scritta in tutte le case da loro abitate per fare continua memoria della ragione profonda che le muoveva ogni giorno verso gli ultimi.
«“Ho sete”, ha detto Gesù quando era stato privato di ogni consolazione – scrive la santa di Calcutta – quando stava per morire in assoluta povertà, quando fu lasciato solo, disprezzato… Parlava della sua sete non di acqua, ma di amore, di sacrificio. Gesù è Dio, perciò il suo amore, la sua sete è infinita».
«Noi non possiamo trasformare – diceva ancora la Madre alle sue suore – il pane e il vino nel Corpo e nel Sangue di Cristo, ma possiamo toccare e amare il corpo spezzato di Gesù Cristo presente nei più poveri tra i poveri».
Cari fratelli e sorelle della Carità,
oggi, dopo la solenne canonizzazione di Madre Teresa, nel giorno in cui festeggiamo la vostra patrona, un’altra grande Teresa, desidero consegnarvi idealmente a queste due grandi donne perché la vostra vita – e in particolare la vita di coloro tra voi che oggi vivono la loro consacrazione – possa essere alimentata e rinvigorita della loro testimonianza, dal loro coraggio e dalla loro santità.
Entrambe vi indicano nel rapporto personale con Gesù, vissuto nell’adorazione, nella liturgia e nella fedeltà alla forma di vita alla quale siete stati chiamati, il cuore pulsante dell’esperienza di fede che avete ricevuto in dono e che occorre continuamente rifondare e alimentare. Un cuore da cui sgorga la gratitudine per la misericordia che Dio vi ha usato chiamandovi al suo servizio. È questa la fonte inesauribile della carità che le vostre case vivono. Voi esistete non innanzitutto per prendervi cura degli altri, ma perché Dio, ricco di misericordia (cfr. Ef 2, 4; Gc 5, 11), ha avuto pietà di voi e, attraverso don Mario e suor Maria, vi ha costruito una casa in cui fare esperienza della sua presenza viva. Solo tenendo desta questa coscienza potete servire con cuore umile e disinteressato i fratelli e le sorelle più poveri che ospitate nelle vostre case.
L’accoglienza è possibile perché esiste una casa. Non dimenticatelo mai! Questo indica una priorità da dare alla preghiera e alla comunione spirituale tra voi. Occorre sempre vigilare perché la Casa sia ben fondata. Essa infatti, prima ancora che dalle mura, è costituita dai rapporti tra voi. Se non riconosciamo Cristo presente nei fratelli e nelle sorelle che Gesù ci ha messo accanto per camminare assieme verso di lui, difficilmente riusciremo a riconoscerlo nei fratelli più poveri e malati e il servizio a loro nel tempo si ridurrà inevitabilmente ad una benemerita opera sociale. Molto più grande è invece la vocazione alla quale Dio vi ha chiamati! Fare esperienza della vita bella, luminosa e affascinante che Egli ha vissuto. Scoprire la carità come fiore che nasce dalla comunione con il Padre e con i fratelli chiamati assieme a noi.
È questo l’augurio che faccio a ciascuno di voi all’inizio del vostro speciale giubileo per i 75 anni di fondazione. Mentre sta per terminare il giubileo straordinario indetto da papa Francesco per tutta la Chiesa, la nostra Diocesi, grazie alla testimonianza della misericordia offerta dalle vostre Case e per la felice occasione di questo anniversario, potrà in un certo senso continuare a vivere nella luce e nell’insegnamento di questo anno della Misericordia.
È per tutti noi, e in particolare per voi, fratelli e sorelle delle Case della Carità, un Anno importante per riscoprire il cuore dell’esperienza che Dio ha suscitato attraverso don Prandi.
Possa la Madonna della Ghiara accompagnarvi in modo speciale durante tutto quest’anno.
Amen.
+ Massimo Camisasca