Omelia nella santa messa al termine dell’incontro con i giornalisti – III domenica del T.O (anno C)
Cattedrale di Reggio Emilia
Cari amici, fratelli e sorelle,
il vangelo che la Chiesa oggi propone alla nostra meditazione è un grande regalo per tutti noi: proprio in coincidenza con questa celebrazione, nella quale viviamo il giubileo dei giornalisti nella nostra diocesi, Gesù, attraverso le parole del profeta Isaia, afferma: Lo Spirito di Dio mi ha inviato a proclamare l’anno di grazia del Signore (cfr. Lc 18,19).
Come possiamo noi partecipare di questo anno di grazia? Come potete voi, che lavorate nel campo della comunicazione, vivere quanto il Signore ci dona?
Oltre alle strade maestre, che la Chiesa indica a tutti gli uomini, e quindi anche a voi – la preghiera, la partecipazione ai sacramenti, soprattutto alla confessione e all’eucarestia, l’amicizia cristiana – voi avete nel vostro lavoro una strada particolare per immedesimarvi e trasmettere il dono di Dio.
Per immedesimarvi, innanzitutto. Il vostro lavoro, infatti, vi permette di entrare nell’esperienza dell’essere inviati. Inviati a guardare e a decifrare i fatti che avvengono attorno a noi. Quei fatti che tanta gente non ha la possibilità di vedere oppure, anche quando li vede, non riesce a comprendere. La considerazione di tutto ciò pone in primo piano la responsabilità che avete nel riportare, attraverso i vostri strumenti comunicativi, la verità dei fatti e non una arbitraria selezione, asservita alle leggi del mercato o alle ideologie. So bene quanta fatica costi nel vostro mestiere l’onestà intellettuale. Non ignoro le difficoltà che ogni giorno dovete affrontare, difficoltà amplificate dai diversi soggetti a cui dovete rendere conto e dalle necessità economiche per la sussistenza delle vostre testate o emittenti. Ma, come tanti di voi dimostrano, è possibile attraversare tutto ciò continuando a svolgere un servizio serio e onesto, importante per tutta la società. È possibile informare e anche commentare le notizie senza diffamare le persone o metterle l’una contro l’altra.
Occorre molta umiltà nella considerazione dei fatti, soprattutto quando riguardano le persone. È per questo che, incontrandovi più volte in questi anni, vi ho spesso invitati a custodire sempre il grande bene della giusta reputazione delle persone.
La vostra professione, quando è svolta bene, insegna innanzitutto a guardare e a raccontare ciò che accade. Insegna poi a considerare, a pensare, a confrontare. Insegna che il tempo, e non il sentimento reattivo del momento, è amico della verità.
Questo significa essere inviati: i vostri occhi e le vostre parole guardano e trasmettono qualcosa che va al di là di voi stessi e di cui voi per primi siete chiamati ad avere rispetto. Siete gli occhi e la voce di chi non può o non riesce a vedere.
Oltre al tema dell’essere inviato, nel vangelo troviamo anche un altro tema, a cui il primo è ordinato. Lo Spirito di Dio mi ha inviato… a proclamare l’anno di grazia del Signore. Si è inviati per proclamare la grazia di Dio. Certamente non voglio invitarvi a una informazione “confessionale”, ma desidero aiutarvi a riflettere su quanto la vostra fede cristiana può aiutarvi a fare bene il vostro lavoro. L’esperienza di Cristo, infatti, è anche un’esperienza di conoscenza della realtà. La fede ci aiuta a guardare più in profondità, ad accorgerci di tanti fatti che ad uno sguardo superficiale sfuggono. Anche se giornalisticamente sembrano far più rumore il male, l’ingiustizia, gli scandali, noi sappiamo che la realtà è fatta anche, e forse in modo preponderante, di altro. Dio, attraverso tanti uomini e donne di buona volontà, opera nella storia. Immette fiumi di bene, di giustizia, di bellezza. Quanto farebbe bene ai vostri lettori, ascoltatori o telespettatori essere aiutati a guardare tutto ciò! Voi, grazie alla forza e all’intelligenza che provengono dalla fede, potete essere costruttori della speranza che tutto il mondo attende, liberi dalle dittature che pretendono di imbavagliarci e farci raccontare solo ciò che è funzionale al potere del momento, sia esso politico, economico o culturale. E per farlo non dovete inventare nulla, non dovete rinunciare al vostro rigore professionale. Basta guardarsi attorno e raccontare il bene silenzioso che è presente.
Questo significa proclamare la grazia di Dio. Questo è ciò che voi potete fare: indicarla presente nei fatti che ci circondano. E indicare ciò che è positivo, ciò che dà speranza, anche dentro una tragedia. È un’opera che contribuisce al bene di tutti, alla costruzione della società.
In questa Messa chiedo per voi al Signore la grazia di poter contribuire con il vostro lavoro al dilatarsi nel mondo della speranza, perché assieme, con l’aiuto di Dio, ognuno per la sua parte, possiamo costruire un mondo più umano, più vero, più accogliente.
Sia lodato Gesù Cristo.