Omelia nella IV domenica del T. O. (anno C). Conclusione dell’Anno della vita consacrata. Consacrazione di Ania nell’Ordo virginum
Cattedrale di Reggio Emilia
Cari fratelli e sorelle,
le letture che la Chiesa ci propone in questa domenica, durante la quale, in comunione con la Chiesa universale, concludiamo l’anno dedicato alla vita consacrata, costituiscono una mirabile sintesi del significato profondo di questo anno.
Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni (Ger 1,5). Le parole del profeta Geremia costituiscono l’alveo entro il quale la vita di ogni uomo e di ogni donna è raccolta. Ognuno di noi infatti è stato pensato, voluto, amato da Dio già prima di venire alla luce. La chiamata alla vita, la chiamata alla fede, la scoperta del proprio posto nel mondo hanno la loro radice proprio in questo amore che ci precede e ci supera. La vita consacrata, a cui la Chiesa ci ha invitato a guardare in questo anno, rappresenta un richiamo a questa verità che riguarda tutti, un segno profetico che illumina il senso profondo di ogni vita cristiana.
Dio chiama alcuni a dedicare la loro vita a Lui con cuore indiviso, per ricordare a tutti quale sia il significato della vita, del lavoro, dello studio, dell’impegno sociale, politico, culturale. Il matrimonio stesso trae dal riferimento alla vita consacrata il suo ideale profondo che consiste nella testimonianza della fedeltà di Cristo alla sua Chiesa e nella donazione di sé come strada per affrettare il ritorno di Cristo. Afferma in proposito san Giovanni Crisostomo: «Chi denigra il matrimonio, sminuisce anche la gloria della verginità; chi lo loda, aumenta l’ammirazione che è dovuta alla verginità» (cfr. Giovanni Crisostomo, De virginitate, 10, 1: SC 125, 122 (PG 48, 540); cfr. anche Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 16: AAS 74 (1982) 98).
«La verginità per il regno dei cieli – commenta il Catechismo della Chiesa Cattolica – è uno sviluppo della grazia battesimale, un segno possente della preminenza del legame con Cristo, dell’attesa ardente del suo ritorno, un segno che ricorda pure come il matrimonio sia una realtà del mondo presente che passa. Entrambi, il sacramento del Matrimonio e la verginità per il regno di Dio, provengono dal Signore stesso. È lui che dà loro senso e concede la grazia indispensabile per viverli conformemente alla sua volontà. La stima della verginità per il Regno e il senso cristiano del Matrimonio sono inseparabili e si favoriscono reciprocamente» (CCC n. 1619-1620. Cfr. Mc 12,25; 1 Cor 7,31; Mt 19,3-12. Cfr. anche Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 42: AAS 57 (1965) 48; Id., Decr. Perfectae caritatis, 12: AAS 58 (1966) 707; Id., Decr. Optatam totius, 10: AAS 58 (1966) 720-721).
Nella seconda lettura che abbiamo ascoltato, san Paolo ci svela il segreto di questa unità delle vocazioni. Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita. E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla (1Cor 13,1-2). In realtà esiste una sola vocazione, la carità. Tutti siamo chiamati, attraverso la forma particolare della nostra vocazione, a entrare nella realtà dell’amore del Padre, nell’esperienza della donazione di noi stessi come riflesso della donazione del Figlio. Dio ci chiama su strade diverse per insegnarci ad amare e a lasciarci amare. La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà. […] Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità! (1Cor 13,8.13).
Un riflesso di ciò che rimane, dell’eterna carità di Dio, si raccoglie oggi nella consacrazione di una nostra sorella, Ania, nell’Ordo virginum. È un grande regalo per tutti noi poter vivere il compimento di questo anno con la sua donazione a Cristo, Sposo e Signore della sua Chiesa. È un grande segno per la nostra diocesi!
La tua consacrazione, carissima Ania, è lo strumento privilegiato attraverso cui Gesù questa sera ripete per ognuno di noi le parole proclamate nel vangelo: Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato (Lc 4,21). Si è compiuto ancora una volta il mistero della misericordia di Dio per il suo popolo. La tua chiamata, infatti, non è solo per te. È certamente la strada che ti è data per poter conoscere e amare in modo privilegiato Nostro Signore, ma è anche una strada attraverso cui Dio continua a edificare la sua Chiesa. La Nota pastorale L’Ordo virginum nella Chiesa in Italia, proprio all’inizio, parlando del dono della consacrazione, sottolinea: «per l’edificazione del popolo cristiano e per incoraggiare l’annuncio del Vangelo ad ogni creatura» (Conferenza Episcopale Italiana, L’Ordo virginum nella Chiesa in Italia. Nota pastorale, 1). È molto importante comprendere che il dono della verginità o di una speciale consacrazione non è dato alle persone per la propria gloria personale. Ogni dono dello Spirito è sempre per l’edificazione di tutto il popolo e per l’evangelizzazione.
Cara Ania, in questo giorno così importante per la tua vita, è proprio questa certezza e questo compito che vorrei consegnarti: il dono che oggi ricevi e offri è un dono che è dato alla Chiesa, perché tutti gli uomini possano incontrare e conoscere Gesù. Ti siano sempre motivo di gaudio e consolazione le parole del profeta Geremia che il Signore ripete a te oggi: ecco, oggi io faccio di te come una città fortificata, una colonna di ferro e un muro di bronzo contro tutto il paese […]. Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti (cfr. Ger 1,18-19).
Ti auguro di vivere, sull’esempio della Vergine, una consegna totale di te al tuo Sposo, perché Egli possa farti sperimentare la bellezza e la fecondità del sì che tra poco dirai a Lui davanti alla sua Chiesa.
Amen.