Omelia per l’Ordinazione dei diaconi permanenti nella Solennità del Battesimo del Signore
- Reggio Emilia, Cattedrale
11.01.2015
Cari fratelli e sorelle,
diletti figli che oggi sarete ordinati diaconi,
cari parenti e amici dei nostri ordinandi,
con questa festa del Battesimo del Signore, che conclude il tempo di Natale, l’Incarnazione del Verbo di Dio, avvenuta nel nascondimento di Nazareth e realizzata nella pace di Betlemme, inizia a manifestare al mondo la sua luce.
Il Padre dice: «Tu sei il Figlio mio, l’amato» (Mc 1,11). «Dal seno dell’aurora, come rugiada, io ti ho generato» (Sal 110,3). Il Battesimo di Gesù è un momento della generazione del Figlio ad opera del Padre. Egli, che lo ha generato e continua a generarlo nell’eternità, lo ha generato anche nel tempo. Nel tempo, si manifesta finalmente, attraverso il Figlio, il vero volto di Dio che è Padre. Proprio per questo è stato generato nel tempo, perchè noi, incontrando Gesù, potessimo conoscere il Padre e diventare figli. É quanto dice san Giovanni nelle parole che abbiamo ascoltato. Egli parla di noi che siamo stati generati da Dio attraverso la fede, di noi che amiamo Dio e siamo chiamati ad amare gli uomini che da Lui sono rinati.
Oggi, in questa celebrazione, in cui sarà conferito il dono del sacramento dell’Ordine ad alcuni nostri fratelli nel grado del diaconato, viviamo una partecipazione a questa generazione. Questi nostri figli vengono rigenerati da Dio con un nuovo dono affinchè possano essere a loro volta generatori della fede in mezzo agli uomini che incontreranno. Essi sono come una terra irrigata, fecondata e fatta germogliare, secondo le parole del profeta Isaia che abbiamo ascoltato.
L’incarnazione del Verbo di Dio opera continuamente nella storia. Questa sera, tutti noi siamo testimoni della forza attrattiva che essa esercita su tanti uomini, affascinati da Cristo, “ghermiti” dalla forza attrattiva della Sua umanità-divina (Cfr. Filipp 3,12).
Questi uomini che tra poco ordinerò diaconi, hanno scoperto che Dio li chiamava a partecipare in modo speciale all’incarnazione del Figlio suo. Egli li invitava a lavorare nella sua terra per essere apostoli del Signore in mezzo agli uomini e alle donne del nostro tempo. Hanno sentito che Dio li esortava a ridire a tutti le parole del profeta Isaia che abbiamo ascoltato: O voi tutti assetati, venite all’acqua (Is 55,1). Venite perchè il Signore vi attende, venite perchè per voi è diventato uomo, venite perchè Egli si è caricato delle nostre debolezze e delle nostre infermità, come appare evidente nella richiesta di ricevere il battesimo da Giovanni Battista che oggi la Chiesa ci invita a contemplare.
Carissimi, l’ordinazione che riceverete vi assimila e vi fa entrare sacramentalmente in un aspetto fondamentale della vita del Redentore: il suo essere servo, servo del Padre e servo degli uomini. La parola “servo” ha una importanza decisiva nel Vangelo e nella definizione dell’identità di Cristo. Sono venuto per servire (Mc 10,45) affermerà Egli stesso. Egli è il servo di JHWH, quello di cui parlava il profeta Isaia, che ha bruciato le nostre colpe nel fuoco della sua misericordia.
Ma Egli, facendosi servo, scendendo nelle profondità degli inferi per risalire verso il Padre, si rivela proprio come il Figlio. Nel vangelo di oggi, quando Gesù emerge dalle acque del battesimo, il Padre fa udire dal cielo la sua voce che annuncia: tu sei mio Figlio, l’amato (Mc1,11). Dio manifesta agli uomini l’identità filiale di Gesù proprio mentre Egli, come servo obbediente, si immerge nella nostra umanità ferita.
Tutto ciò rivela l’itinerario che ognuno di noi è chiamato a compiere per entrare nella vita di Cristo: siamo tutti servi, ma il servizio vissuto con verità, ci apre alla scoperta della nostra figliolanza. Il servizio è una strada per imparare ad amare, per entrare nel rapporto che il Figlio vive con il Padre nello Spirito Santo.
Nella misura in cui entriamo nella vita di Cristo, aprendoci ad una sempre più profonda familiarità con Lui, anche noi ci scpriremo figli e amici, come dice Gesù: non vi chiamo più servi, perchè il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chamato amici, perchè tutto quello che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi (Gv 15,15). Scrive in proposito sant’Agostino: «Tu chiamami pure amico, io continuerò a riconoscermi servo», poichè questa è la strada della gratitudine e della letizia, questa è la strada per riconoscerci fratelli e amici (cfr. Sant’Agostino, Enarrationes in Psalmos CXLU).
Cari fratelli che adesso verrete ordinati, vorrei che teneste spesso nelle vostre mani la lettera pastorale che ho scritto all’inizio di quest’anno innanzitutto per voi, oltre che per tutti coloro che già sono diventati diaconi o che si apprestano a diventarlo nei prossimi anni. In quella lettera ho raccolto il frutto di un lungo lavoro di ascolto e di condivisione con i diaconi della nostra Diocesi. Vorrei che diventasse per tutti voi un punto di riferimento essenziale. Rileggendo quelle pagine, meditandole e condividendole nella conversazione comune, riscoprirete il valore della vostra vocazione, della vostra ordinazione sacramentale, il valore del vostro ministero.
Troverete alcune pagine dedicate al rapporto tra diaconato permanente e sacramento del matrimonio, ma soprattutto un invito a vivere una collaborazione profonda con i sacerdoti e con i laici.
Chiediamo allora in questa santa celebrazione la disponibilità del cuore perchè la nostra vita possa essere un riflesso di quella di Gesù e possa così raggiungere con la sua luce tutti gli uomini che incontreremo sul nostro cammino. Il Signore ci renda partecipi di quel compiacimento con cui guarda il proprio Figlio che si immerge nella nostra povera umanità simboleggiata dalle acque del Giordano e dica anche per noi: Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento (Mc 1,11).
Questo è il mio augurio per tutti voi, cari ordinandi, che estendo ai vostri famigliari ed amici e a tutti voi presenti a questa Eucaristia.
Sia lodato Gesù Cristo.