Omelia per la solennità di san Francesco d’Assisi, patrono della Diocesi
- Gustalla
03.10.2015
Cari fratelli e sorelle,
la celebrazione di san Francesco, nostro patrono, ci aiuta nella riscoperta delle nostre radici, rafforza la nostra appartenenza alla comunità, ma ci indica anche le strade del nostro futuro.
Siamo «araldi del gran Re», come amava dire il poverello d’Assisi. Apparteniamo a Cristo perché solo in lui possiamo trovare ciò che il nostro cuore realmente desidera. Veniamo da lui e, attraverso tutte le vicende della nostra vita, procediamo verso di lui, destino buono di ogni uomo.
San Francesco è uno dei santi più amati nella Chiesa e anche fuori di essa. Chiediamoci dunque: che cosa ci attira in lui? Qual è la luce che ancora, anche dopo 800 anni, continua a riscaldare e attrarre la vita di tanti uomini e tante donne?
Se leggiamo e meditiamo i suoi scritti e seguiamo gli itinerari della sua vita possiamo scoprire il fuoco della sua esperienza, della sua personalità, del suo amore alla Chiesa e agli uomini. Tutto in lui sgorga da un unico centro, da un’unica fonte che irrora e vivifica ogni cosa. Questa “fonte francescana” è ben descritta dalle parole di san Paolo che abbiamo ascoltato: quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo. Non è infatti la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l’essere nuova creatura (Gal 6, 14-15).
Francesco è la nuova creatura, colui che ha trovato in Cristo il senso della propria vita e della storia del mondo. Egli non ha lasciato tutto per amore della povertà, come spesso superficialmente viene detto. Francesco, fin da giovane, ha sempre cercato la pienezza della vita. Nell’incontro con Cristo ha finalmente trovato quanto cercava e allora, attratto da lui, ha deciso di lasciare tutto il resto, considerandolo spazzatura, proprio come dice san Paolo: tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo (Fil 3,8).
Quando un uomo incontra Gesù, quando, come Paolo e come Francesco, riconosce in lui ciò che solo può rendere grande e piena la vita, allora inizia a essere realmente libero. Libero dalle cose. Libero dalla paura di perderle. Libero, perché certo di essere amato e di poter amare. Libero perché in Cristo ritrova tutto e tutti. È proprio questa libertà che attira in Francesco, una libertà che si esprime in forme esteriori diverse, ma riconducibili tutte al desiderio di identificarsi a Gesù, di avere i suoi stessi sentimenti, il suo stesso cuore.
«È questa libertà interiore – scrive don Divo Barsotti – la prima povertà di Francesco, quella che permette a Francesco più che a ogni altro santo, dicono i biografi, di vivere il Vangelo alla lettera. […] Di fatto la libertà è in ordine all’amore e l’amore non vuole altro che la perfetta rassomiglianza, la perfetta identificazione col modello, la perfetta unione».
Francesco non si è mai irrigidito nella difesa di principi e valori astratti. Per lui il principio supremo e il valore assoluto sono stati sempre e solo la persona di Gesù, presente nella Chiesa, nei sacerdoti e, in modo eminente, nella santa Eucarestia.
Occorre tornare ad imparare la strada di questa libertà. Francesco sentiva che il Cristo poteva trovarlo soltanto nella Chiesa e perciò l’unione al Cristo e l’unione alla Chiesa erano da lui cercate come il bene sommo. «La povertà di Francesco, prima di essere una povertà effettiva, è una disposizione del cuore: è come l’impossibilità per lui di attaccarsi a qualsiasi altra cosa, perché è l’unico amore suo è Cristo. È quello che si ama che ci lega» (cfr. D. Barsotti, San Francesco, preghiera vivente. L’infinitamente piccolo davanti all’infinitamente grande, San Paolo, Cinisello Balsamo MI 2008, 296-299)
Cari fratelli e sorelle, chiediamo a san Francesco, in questa santa Messa, di poter imparare da lui. Di poter partecipare al fuoco di amore per Cristo che ha infiammato tutta la sua vita. Chiediamo, per sua intercessione, un cuore semplice, capace di riconoscere ciò che veramente conta, per essere sempre liberi di amare e lasciarci amare.
Amen.
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