Omelia per la Domenica delle Palme
- Reggio Emilia, Cattedrale
29.03.2015
Cari fratelli e sorelle,
eccoci alla domenica delle Palme, chiamata così in riferimento ai rami di palma con cui, secondo l’evangelista Giovanni, la gente festeggiava Gesù che entrava in Gerusalemme.
Con questa domenica inizia la Settimana Santa, gli otto giorni in cui sono racchiusi gli avvenimenti più importanti per la nostra vita.
Non si tratta soltanto di avvenimenti del passato che possiamo contemplare con animo pio, ma senza sostanziale influenza sul nostro presente. No, pur riconoscendo la loro reale portata storica, noi sappiamo che, in forza della resurrezione di Gesù e per il dono dello Spirito, quei fatti hanno un peso decisivo sulla nostra storia presente, sull’oggi della nostra vita.
Gesù entra in Gerusalemme: un’anticipazione della sua resurrezione e ascensione al cielo, così come la lavanda dei piedi e l’istituzione dell’Eucarestia saranno un’anticipazione della sua passione e crocifissione.
Questa è la pedagogia di Dio: ci prepara lentamente ai beni che desideriamo, facendoli pregustare a noi attraverso un lungo cammino, in cui lentamente svela il suo disegno, perché il nostro cuore sia pronto. Cerchiamo di entrare anche noi in questa sapienza divina, seguendo giorno per giorno, durante questa settimana, e poi sempre, durante il tempo della nostra vita, i passi di Gesù.
Facciamolo, leggendo ogni giorno le frasi del Vangelo proposte dalla liturgia, facciamolo sostando in silenzio, facciamolo tenendo quelle parole e quei fatti nel cuore e nella mente e guardando assieme i volti delle persone che amiamo, dei compagni di lavoro, delle persone che incrociamo per la via: per me e per loro sta accadendo tutto ciò che accade durante questa Settimana Santa.
Gesù entra in Gerusalemme e viene riconosciuto come un re mite. Così aveva parlato di lui il profeta Zaccaria: Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino,un puledro figlio d’asina (Zc 9,9). Gesù è il re atteso. Colui che doveva finalmente riaprire la dinastia davidica, finita a opera di re indegni come un fiume che si è insabbiato. Egli era effettivamente nato a Betlemme, la città di Davide, perché il padre, Giuseppe, era un discendente di quella famiglia. Entra in Gerusalemme venendo da Betfage e Betania, da dove sarebbe dovuto arrivare il re tanto atteso. Entrava su un animale sul quale nessuno era mai salito, un animale regale, su cui vengono posti mantelli, come ne vengono stesi per terra, al suo passaggio, assieme a rami di alberi. Gli stessi rami vengono agitati dalle folle che esultano per quanto si sta realizzando sotto i loro occhi. Benedetto colui che viene nel nome del Signore (Sal 117,26). Il salmo citato ci porta alle processioni verso il Tempio. Gesù sta compiendo la sua vita: va verso il Tempio, verso la casa del Padre. La casa che lui ricostruirà con la sua risurrezione.
Oggi, cari fratelli e sorelle, pur nella lettura della passione del Signore, è un giorno di festa.
Viviamo l’inizio della festa di domenica prossima. L’inizio di quella gioia e di quella luce.
Gesù inaugura la Gerusalemme celeste, il rinnovamento definitivo della creazione che per tutti noi è promessa di salvezza e di vita eterna.
Egli è un re mite. Non è un re che vuole spadroneggiare sulle nostre esistenze. All’opposto, tra poco morirà per noi. Un re che ha sete di noi, un re che vuole regnare amando.
Su un muro laterale del Tempio di Gerusalemme vi era una porta con sopra una scritta: “al re è che non ha regnato”. Pensando all’iscrizione posta sopra la croce, possiamo supporre che quella frase si riferisse a Gesù. Gesù non ha regnato e non regna come i re del mondo. Entra su un’asina, non su un cavallo potente e travolgente. Il significato e la modalità del suo regnare ci vengono manifestati proprio durante questa Settimana Santa.
Durante questi giorni impariamo che Egli vuole donarsi a noi per guarire i nostri cuori: vuole portare pace là dove vi è divisione, luce dove vi è oscurità, perdono là dove vi sono rancore e odio. Lasciamoci risanare da lui! Solo così potremo essere felici: attraverso la guarigione portata da Cristo. Conoscendo la verità diventeremo liberi e potremo cantare anche noi il canto dell’Alleluja.
Amen.