Omelia nella solennità del Corpus Domini
04.06.2015
Cari fratelli e sorelle,
quando nel 1264 papa Urbano IV istituì la festa del Corpo e Sangue del Signore che questa sera celebriamo, desiderava riportare l’Eucarestia al centro della vita e della fede del Popolo di Dio.
In quel tempo, segnato da profonde controversie teologiche sul mistero eucaristico, si stavano diffondendo alcune eresie secondo cui il pane e il vino consacrati erano solo un simbolo di Gesù, ma Egli non era da credere realmente presente in essi.
Il dubbio invadeva non solo tanti fedeli, ma anche alcuni sacerdoti chiamati a essere ministri del Corpo e del Sangue del Signore. Un sacerdote boemo, Pietro da Praga, di ritorno da un pellegrinaggio a Roma, si fermò a Bolsena per celebrare la Messa sulla tomba di santa Cristina e durante il Divin Sacrificio fu colto ancora una volta da dubbi circa la transustanziazione, cioè la reale mutazione del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue di Cristo. Improvvisamente, mentre elevava l’Ostia consacrata durante la Messa, da essa iniziò a sgorgare sangue, in misura tanto abbondante da intridere il Corporale e cadere anche sull’altare e sul pavimento.
Colto da commozione e timore si recò da Urbano IV, che in quel periodo risiedeva ad Orvieto. Constatata la veridicità dei fatti, il papa si accorse che Dio stesso, attraverso questo intervento prodigioso, desiderava confortare la fede della sua Chiesa. L’anno successivo, quindi, promulgò una bolla con la quale istituiva la festa del Corpus Domini estendendo a tutto il mondo il culto pubblico e solenne dell’Eucarestia, allora celebrato solo nelle Fiandre. Avviò la costruzione del meraviglioso Duomo di Orvieto per custodire il corporale macchiato di sangue e affidò a Tommaso d’Aquino la scrittura dell’inno eucaristico e dell’officiatura della nuova festa.
Ho desiderato ripercorrere con voi la storia di questa festa poiché mi sembra che da essa possiamo trarre molti insegnamenti.
Innanzitutto un grande conforto alla nostra fede nella reale presenza di Gesù nel pane eucaristico. Egli è realmente in mezzo a noi, si mette nelle nostre mani, si lascia consumare da noi. Ogni volta che partecipiamo all’Eucarestia riaccadono misteriosamente, sotto i nostri occhi, l’incarnazione, la morte e la resurrezione del Signore. Ma noi non siamo solo spettatori di qualcosa che avviene fuori. Accostandoci alla Comunione veniamo assimilati a Cristo, la sua vita inizia a scorrere dentro la nostra e, nel tempo e nella misura della disponibilità del nostro cuore, la rende sempre più simile alla sua.
Oggi forse, a differenza del tempo in cui questa festa venne istituita, nessuno, tra i fedeli, mette in dubbio la presenza di Gesù nelle specie eucaristiche. Molto più debole è invece la coscienza della presenza del Signore nel suo Corpo mistico che è la Chiesa. Troppo spesso si parla della Chiesa come di una organizzazione, alla stessa stregua con cui si parlerebbe di una qualsiasi comunità umana. La Chiesa è invece innanzitutto comunione dei fedeli con il loro Signore, alimentata nei Sacramenti e vissuta nella carità quotidiana. Quella carità che ci permette di vedere Gesù anche attraverso le nostre povere debolezze umane, anche attraverso le fatiche dei nostri sacerdoti.
Ogni giorno la Chiesa, nelle persone che la compongono, chiede di camminare dietro al suo Signore. Talvolta cammina stancamente, talaltra con passo più spedito. Cerchiamo di camminare con lei senza perderci troppo nel lamento! Ci si lamenta perché le cose non vanno come vorremmo, pensiamo di aver diritto ad avere come parroco il sacerdote che più ci aggrada e ci sentiamo in dovere di fare delle battaglie per affermare le nostre visioni e i nostri interessi.
Le nostre divisioni, l’affermazione dei nostri singoli punti di vista elevati a sistema, le mormorazioni… sono segno di una fede piccola e debole. Rivelano una miopia dello spirito che non riesce a vedere e gioire della Presenza del Signore che guida la sua Chiesa e la conduce continuamente attraverso nuove strade.
E così, come l’ostia elevata da Pietro da Praga, il Corpo di Cristo continua oggi a sanguinare perché i doni che Dio ci ha fatto con il battesimo, che ci incorpora in Gesù, e con l’Eucarestia, che ci alimenta di lui, vengono da noi dimenticati e dispersi. Abbiamo bisogno di imparare di nuovo chi siamo, chi è la Chiesa, che cosa in essa è veramente importante e che cosa invece è destinato a passare.
Abbiamo bisogno di un cuore aperto, grato, disponibile a riconoscere la presenza di Gesù nella comunione che egli continuamente ricrea tra noi.
Per vivere tutto ciò occorre tornare a considerare il mistero eucaristico che oggi celebriamo. Solo a partire da una rinnovata scoperta dell’Eucarestia possiamo comprendere la vera natura della Chiesa e vivere il dono della comunione tra noi.
Chiediamo allora questa grazia a Gesù, facciamolo con le parole del bellissimo inno che Tommaso d’Aquino ha scritto per questa festa su incarico di Urbano IV, Adoro te devote:
Adoro Te devotamente, oh Dio che Ti nascondi,
Che sotto queste apparenze Ti celi veramente:
A te tutto il mio cuore si abbandona.
[…]
La vista, il tatto, il gusto, in Te si ingannano
Ma solo con l’udito si crede con sicurezza:
Credo tutto ciò che disse il Figlio di Dio,
Nulla è più vero di questa parola di verità.
Sulla croce era nascosta la sola divinità,
Ma qui è celata anche l’umanità:
Eppure credendo e confessando entrambe,
Chiedo ciò che domandò il ladrone penitente.
[…]
Oh Gesù, che velato ora ammiro,
Prego che avvenga ciò che tanto bramo,
Che, contemplandoTi col volto rivelato,
A tal visione io sia beato della tua gloria.
Amen.