Omelia nella festa della B. V. di Lourdes – XXIII Giornata mondiale del malato
- Reggio Emilia – Parrocchia di S. Agostino
11.02.2015
Cari fratelli e sorelle,
quando Giovanni Paolo II istituì la Giornata mondiale del malato, ebbe l’intuizione di legarla alla memoria della Beata Vergine di Lourdes. La prima ragione di questo legame è data dal continuo affluire di pellegrini al famoso santuario francese per implorare dalla Madonna la grazia della guarigione del corpo o dello spirito. Ma c’è una ragione ancor più profonda che lega l’apparizione della Vergine immacolata a Lourdes e la precarietà della condizione umana, segnata dal peccato, dalla sofferenza e dalla malattia. L’uomo per guarire ha bisogno della bellezza, della luce, del calore.
Leggendo i resoconti delle apparizioni mariane notiamo che la Madonna appare come bellezza: è una donna bella, circonfusa di luce. Una presenza davanti a cui è piacevole stare, tanto piacevole che lo staccarsi da lei è avvertito come un grande sacrificio, come una rottura.
Se è vero che la bellezza è ciò che muove l’uomo, è anche vero che l’uomo ha bisogno di una bellezza vicina, una bellezza “possibile”. La luminosità di Dio ci attrae, ma potrebbe anche respingerci se ci fermassimo a considerare la sua immensità e la sua inarrivabilità.
Egli, allora, ha mandato suo Figlio perché la bellezza della sua santità, che guarisce tutte le nostre infermità, divenisse familiare. Per preparare la nascita di Gesù ha pensato a una donna, Maria. Dovendo essere la madre di colui che è la bellezza, non poteva che essere essa stessa luminosità.
La luminosità di Maria è accessibile per chiunque: possiamo guardarla, possiamo lasciarci attrarre e trasformare da essa. Maria risplende per la luce della sua maternità, della sua obbedienza, dei suoi silenzi. Per la luminosità del suo essere sempre in ascolto del Figlio, accanto a lui anche quando egli si allontana da casa per vivere la sua missione. Maria è luminosa anche sotto la croce, piena di dolore e dignitosa assieme, certa della resurrezione, veramente madre e regina degli apostoli.
Il centro da cui si irradia tutta questa luce è il suo cuore, dove custodisce e medita continuamente le parole di Gesù. Da questo cuore infuocato nascono la sua fede e la sua carità.
La bellezza e la luminosità di Maria ci dicono che il bene è possibile, che sono possibili la conversione e il cambiamento della vita. La sua maternità ci riempie di fiducia e ci infonde coraggio. Seguendo i suoi passi o – come dice il Cantico dei cantici – seguendo il suo profumo, noi possiamo camminare anche attraverso le avversità e le malattie, possiamo sempre ricominciare e vivere nella speranza.
A Maria sappiamo di poter consegnare tutte le nostre pene e quelle delle persone che ci sono vicine, i nostri pesi e quelli degli uomini e delle donne che ci sono affidati. In questo modo la sua maternità si allarga a tutto l’universo e Maria diventa la madre del genere umano, la regina del cielo e della terra, colei che possiamo invocare sempre pieni di esultanza.
Nel Vangelo che abbiamo ascoltato questa sera la Madonna, con la sua intercessione, affretta l’ora della manifestazione di Gesù. La fede nel Figlio diventa in lei carità, la rende attenta ai bisogni delle persone affinché l’acqua della loro vita sia trasformata da suo Figlio nel vino della gioia.
Quella stessa fede, subito dopo l’Annunciazione, l’aveva spinta a recarsi da Elisabetta per sostenerla nelle fatiche dell’inaspettata maternità. Maria ci mostra così la vocazione dell’uomo alla comunione. Questo è anche il contenuto del messaggio che papa Francesco ha scritto per la giornata di oggi, ispirato a un versetto del Libro di Giobbe: Io ero gli occhi per il cieco, ero i piedi per lo zoppo (Gb 29,15): «Il nostro mondo – scrive il papa – dimentica a volte il valore speciale del tempo speso accanto al letto del malato, perché si è assillati dalla fretta, dalla frenesia del fare, del produrre, e si dimentica la dimensione della gratuità, del prendersi cura, del farsi carico dell’altro». Si dimentica «l’assoluta priorità dell’uscita da sé verso il fratello». La vera sapienza del cuore è uscire da sé per andare incontro al fratello, per trattenersi con lui.
Lasciamoci guidare da Maria, che per prima ha vissuto questa “estasi” dell’amore, per prima ha lasciato la sua casa per recarsi nelle case degli uomini per mostrare suo Figlio e condurli da Lui.
Amen.
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