Preparate la via. Omelia nella II domenica di Avvento
- Reggio Emilia, Cattedrale
07.12.2014
Cari fratelli e sorelle,
questa seconda domenica di Avvento è tutta incentrata sulla figura di Giovanni Battista, una figura essenziale per entrare nel mistero del Natale.
Il Battista ha passato tutta la sua vita a preparare, nel silenzio del deserto, il suo incontro con Cristo. Aveva compreso che il suo compito, grandioso e umile nello stesso tempo, era di concludere l’Antico Testamento e di aprire il Nuovo. L’itinerario che egli compie è quello a cui tutti noi siamo chiamati: aprire la strada a Gesù nel cuore degli uomini. Questo itinerario si conclude nel momento in cui egli dice, mostrandolo ai suoi discepoli e alle folle: Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato dal mondo (cfr. Gv 1,36).
Noi sappiamo, perché lo raccontano i Vangeli, che proprio dal seno dei discepoli del Battista uscirono i primi due discepoli di Gesù, Andrea e Giovanni, che attirarono poi i loro fratelli, Pietro e Giacomo, e alcuni amici che saranno anch’essi nel gruppo ristretto degli apostoli. Il nuovo nasce dall’antico. Tutto ciò ci insegna che i cuori degli uomini sono stati creati da Dio per accogliere Gesù. Ancora più profondamente, come ho accennato domenica scorsa, nei cuori degli uomini ci sono alcune attese, alcune domande, alcune esigenze profonde a cui solo Gesù può dare risposta. Nessuno infatti come lui conosce il cuore dell’uomo.
Eppure, nella maggior parte delle persone della Terra queste domande e queste attese sono confuse, come sepolte sotto la polvere. Tutti sappiamo che siamo fatti per la felicità, tutti vorremmo conoscere la verità, tutti trovare il vero bene per la nostra vita, ma queste esigenze chiare diventano poi in noi domande piene di incertezza. Sarà poi possibile trovare la verità? Esiste la verità? Sarà possibile trovare un bene che non ci inganni e non diventi un peso nella nostra vita? Non possiamo da soli trovare le strade per rispondere a questi interrogativi.
Anche il popolo di Israele era come pecore senza pastore, secondo la bella definizione di Gesù (cfr. Mt 9,36; Mc 6,34). Anche la gente intorno a noi e noi per primi siamo spesso disorientati. Per questo è venuto il Battista; per aprire il cuore dei Giudei alla manifestazione di Gesù, per invitarli a seguirlo, a sceglierlo come maestro, come l’autentica rivelazione di Dio Padre. Senza questo aiuto più difficile sarebbe stato il formarsi del primo gruppo intorno a Gesù, più difficile forse la nascita della Chiesa.
Preparare le strade dunque, prepararle in noi e negli altri. Tutta la mia meditazione di domenica scorsa era dedicata a suggerire la prima parte di questo tema: preparare in noi le strade, cioè vegliare.
Oggi voglio suggerire alcune riflessioni che ci aiutino a rivivere la figura del Battista, ad essere, come lui, coloro che preparano le strade a Cristo nel cuore degli uomini.
Una prima via per preparare la strada a Cristo nel cuore di chi è intorno a noi, ma non lo conosce, è pregare per lui. Portare l’altro nella preghiera è un misterioso ma formidabile aiuto al cambiamento del suo cuore. In secondo luogo siamo chiamati a parlare all’altro di Cristo. La parola, quando non è accompagnata dalla testimonianza, perde molto della sua autorevolezza. Ma questo non vuole assolutamente dire che la parola sia senza importanza. Lo vediamo nel Battista: la sua parola, misteriosamente suscitata e accompagnata dallo Spirito, spinge Andrea e Giovanni a seguire Gesù, a chiedergli dove abita, a lasciare tutto per stare con lui (cfr. Gv 1,38). Il loro cammino di conversione a Gesù fu lungo, ma cominciò proprio ascoltando le parole del loro maestro, il Battezzatore.
Siamo chiamati, in forza del nostro battesimo, a parlare di Gesù. Gli altri devono poter capire il nostro incontro con lui da come parliamo delle cose della terra. Devono potersi chiedere: perché questa persona parla così? Chi ha incontrato? Chi muove la sua esistenza?
Parlare di Gesù a un certo punto vorrà dire pronunciare il suo nome, invitare l’altro a fare parte della stessa comunità in cui io vivo. Leggere assieme il vangelo, conoscere la sua vita, accostarsi con semplicità alle sue parole, non separare mai il Cristo della fede dal Gesù della storia, come ha fatto Benedetto XVI nel suo mirabile Gesù di Nazaret.
Parlare di Gesù lo si può e lo si deve fare anche attraverso la nostra vita, mostrando agli altri che seguire Gesù non vuol dire entrare in una vita perfetta, senza problemi, ma in una vita nuova, più umana e più vera.
Da come marito e moglie si trattano tra loro, da come guardano i loro figli, da come usano i loro soldi, da come parlano dei fatti della vita, da come vivono con i propri cari di casa e con gli sconosciuti, da come accolgono gli ospiti, da come si occupano dei poveri e dei bisognosi… da tutto ciò vedranno che siete miei fratelli ha detto Gesù (cfr. Gv 13,35). Le opere di misericordia corporale e spirituale, di cui oggi quasi non si parla più, devono tornare a diventare la strada bella e luminosa attraverso cui animare e verificare il nostro rapporto con gli altri.
Preparare le vie al Signore: non possiamo certo essere noi a cambiare i cuori degli uomini. È Gesù l’invitato, è Lui che li cambia. Noi possiamo soltanto preparare la casa in cui egli deve abitare. Sarà poi lui a decidere quando e come entrarci. La figura del Battista diventa in questo modo un’icona molto efficace per comprendere cosa vuole dirci papa Francesco quando parla di una Chiesa che è chiamata ad uscire ed ad andare verso gli altri. Il compito della Chiesa non è, infatti, quello di risolvere i problemi degli uomini, ma di portare Gesù e con lui la rivelazione di Dio come Padre e amante della vita.
È un’esperienza molto bella vedere come Gesù si serva di noi per arrivare a tante persone. Poi Lui edificherà, attraverso i nostri piccoli mattoni, la sua casa piena di luce, la nuova Gerusalemme a cui saranno attratti tutti i popoli della terra.
Amen.
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