Omelia per la solennità della Madre di Dio (47a Giornata Mondiale della Pace)
- Reggio Emilia, Cattedrale
01.01.2014
Cari fratelli e sorelle,
oggi inizia un nuovo anno. Come ogni inizio, esso è pieno di aspettative, di speranze, di desideri. Le letture che abbiamo appena ascoltato ci aiutano a mettere ordine nelle nostre attese e a considerare ciò che è essenziale, ciò di cui non possiamo fare a meno in questo anno che inizia. Dio abbia pietà di noi e ci benedica (Sal 66,2), abbiamo cantato assieme al salmista. Ti benedica il Signore e ti custodisca, abbiamo ascoltato nella prima lettura, faccia risplendere per te il suo volto… e ti conceda pace (cfr. Nm 6, 24-26 ).
È questo, cari amici, ciò che nel primo giorno dell’anno la Chiesa ci fa chiedere. È in questa preghiera che tutte le nostre speranze si riassumono: contemplare il volto del Signore e in esso trovare la pace.
Non sappiamo che cosa ci riserverà il 2014, non conosciamo ciò che dovremo attraversare. Sappiamo, però, che non saremo soli. Il Signore ci aspetta per rivelarci riflessi nuovi del suo volto. È questo che ci fa vincere la paura e ci dona la pace.
La pace non è frutto di un ingenuo ottimismo, non poggia su una speranza vaga nel futuro. Dio si è fatto carne – è un fatto storico! – proprio perché noi tutti potessimo contemplare il suo volto, come i pastori nel vangelo che abbiamo appena ascoltato. Dio si è fatto uno di noi, un bambino, perché la sua grandezza non ci spaventi e il fulgore della sua luce non ci abbagli. Egli ci è venuto incontro per donarci la sua pace ed è rimasto in mezzo a noi nella Chiesa, nella sua Paola, nei sacramenti, soprattutto nell’Eucarestia, nell’amicizia e nella carità di tanti fratelli. È questa la nostra certezza nel futuro. È per questo che possiamo accogliere i giorni che ci aspettano come un dono che Dio ci fa per condurci verso il bene. Con la sua vicinanza le circostanze della vita smettono di essere delle prigioni e diventano strade di luce e di pace.
La pace, infatti, non nasce dalla conoscenza di quanto ancora non sappiamo. Non nasce dal potere di controllare tutto, come vorrebbero far credere gli oroscopi. La pace nasce dalla certezza di non essere soli.
È significativo, a questo proposito, il tema che Papa Francesco ha scelto per la 47° Giornata mondiale della Pace che oggi si festeggia: “Fraternità, fondamento e via per la pace”.
«Le nuove ideologie – afferma il Papa – caratterizzate da diffuso individualismo, egocentrismo e consumismo materialistico, indeboliscono i legami sociali, alimentando quella mentalità dello “scarto”, che induce al disprezzo e all’abbandono dei più deboli, di coloro che vengono considerati “inutili”. Così la convivenza umana diventa sempre più simile a un mero do ut des pragmatico ed egoista» (Francesco, Messaggio per la 47° Giornata mondiale della pace, n. 1). Già Papa Benedetto aveva acutamente rilevato che «la globalizzazione ci rende vicini, ma non ci rende fratelli» (cfr. Benedetto XVI, Caritas in veritate, 19).
Come è possibile, allora, nel mondo in cui viviamo, riconoscerci fratelli superando l’odio, la violenza, lo spirito di sopraffazione e l’egoismo? Come è possibile oggi fare esperienza della vicinanza di Dio che il Natale ci annunzia?
San Paolo, nella seconda lettura, ci aiuta a rispondere a queste domande svelandoci il fondamento della fraternità e quindi anche della pace. Dio ha mandato suo figlio perché noi tutti ricevessimo l’adozione a figli (cfr. Gal 4, 4-5). Perché non fossimo più schiavi della paura e nemici gli uni degli altri. Siamo figli di uno stesso Padre: E che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: Abbà! Padre! (Gal 4, 6).
Queste parole di Paolo sono certamente l’eco di quelle di Gesù: Poiché vi è un solo Padre, che è Dio, – aveva detto Gesù – voi siete tutti fratelli (cfr. Mt 23,8-9). «La radice della fraternità, commenta il Papa, è contenuta nella paternità di Dio» (Francesco, Messaggio per la 47° Giornata mondiale della pace, n.3). La fraternità non è dunque qualcosa che costruiamo noi, con i nostri sforzi e la nostra forza di volontà. Essa è un dono di Dio. Riconoscendo la sua paternità possiamo entrare nella considerazione degli uomini e delle donne che incontriamo come nostri fratelli e nostre sorelle e così, attraverso di loro, sperimentare la vicinanza di Dio che si prende cura delle nostre vite: «Una vera fraternità tra gli uomini suppone ed esige una paternità trascendente. A partire dal riconoscimento di questa paternità, si consolida la fraternità tra gli uomini, ovvero quel farsi “prossimo” che si prende cura dell’altro» (Francesco, Messaggio per la 47° Giornata mondiale della pace, n. 1).
Tutto ciò esige da parte nostra la disponibilità ad accogliere il dono che Dio ci fa attraverso suo Figlio, la disponibilità a lasciarci trasformare da lui, che con la sua vita, morte e resurrezione ci ha redento dai nostri egoismi, liberandoci dal potere delle tenebre e aprendo per noi il suo regno di luce (cfr. Col 1, 13-14 ).
Oggi, assieme ai pastori, lo contempliamo nella mangiatoia. Giustamente i Padri hanno visto prefigurata, nei legni della greppia di Betlemme, la croce sulla quale Gesù si sarebbe definitivamente offerto per ognuno di noi. Non possiamo slegare il mistero del Natale dall’intera vita di Cristo. «La croce – ci ricorda il Papa nel messaggio scritto per questa giornata – è il “luogo” definitivo di fondazione della fraternità, che gli uomini non sono in grado di generare da soli. Gesù Cristo, che ha assunto la natura umana per redimerla, amando il Padre fino alla morte e alla morte di croce (cfr. Fil 2,8), mediante la sua risurrezione ci costituisce come umanità nuova, in piena comunione con la volontà di Dio, con il suo progetto, che comprende la piena realizzazione della vocazione alla fraternità» (Francesco, Messaggio per la 47° Giornata mondiale della pace, n. 3).
Chiediamo a Maria, che oggi veneriamo con il titolo più antico che la Chiesa le ha riconosciuto – Madre di Dio – di aiutarci a vivere questa umanità nuova che suo Figlio ha donato per tutti noi.
Amen.
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