Omelia per la solennità del santo Natale
- Guastalla, Tensotruttura
25.12.2013
Cari fratelli e sorelle,
come l’anno scorso, quasi all’inizio del mio ministero tra voi, anche oggi, solennità del santo Natale di Gesù, sono qui a Guastalla. È per me una dolce necessità e un dovere. Il dovere nasce dalla storia di questa Diocesi che è stata unita a quella di Reggio Emilia nel 1973 (in persona episcopi) e definitivamente nel 1986. La vostra chiesa madre è concattedrale, oggi purtroppo ancora chiusa a causa dei danni provocati dal terremoto. Ed è una dolce necessità essere qui per i legami di affetto che ho iniziato a vivere con le vostre comunità.
Non possiamo ancora celebrare in Cattedrale: questo ci parla del disagio che vivono tante persone segnate dalla crisi economica, dalle ristrettezze, dalla perdita del lavoro. Ci parla anche del mistero stesso del Natale, che è mistero di semplicità, di accoglienza e anche di rifiuto e di dolore.
Vorrei con voi, questa mattina, rileggere alcune espressioni del Prologo del Vangelo di san Giovanni che assieme abbiamo ascoltato.
È una sintesi di tutto il Vangelo, forse difficile alle nostre menti, ma che può dischiudere per ciascuno di noi la strada per vivere la realtà del Natale. Il Verbo si fece carne: cosa vuol dire? Chi è colui che nasce? Chi viene alla luce nel buio della notte invernale di Betlemme e illumina con la sua presenza discreta tutta quella regione?
È un bambino. Come milioni, miliardi di bambini nasceranno ed erano nati dopo e prima di lui. Un bambino indifeso, che nasce lontano dall’abitazione dei suoi genitori, che era a Nazareth, in Galilea, nasce nel nascondimento e nella povertà.
È un bambino vero, sarà un uomo vero, non una apparenza di uomo, come diranno alcune eresie dei primi secoli cristiani. Nello stesso tempo quel bambino portava dentro di sé una rivelazione inaudita che in tutta la sua vita cercherà di trasmettere. Attraverso le sue parole (Io sono: il buon pastore, la vita, la verità, la luce, l’acqua viva), attraverso le sue azioni, attraverso il fascino misterioso che emanava dalla sua umanità, dalla sua autorità e assieme dalla sua bontà. Un uomo che rimandava a una sorgente, a una origine. E che alla fine disse di essere il Figlio, il Figlio di Dio che invitava a chiamare con il nome di Padre.
Quel bambino era Dio, l’immenso e inconoscibile, che per soccorrere gli uomini, smarriti e dispersi a causa della loro debolezza e dei loro peccati, si è fatto lui stesso uomo, assumendo interamente la nostra umanità, è diventato uno di noi per essere vicino a noi in modo convincente e attrattivo.
Il Verbo si è fatto carne.
Colui che nasce oggi è anche colui che era in principio, che non è mai nato perché era Dio.
Questo è l’annuncio, è la realtà del Natale. In questo piccolo essere sta la luce per tutto il mondo. Una luce, quella del Natale, ancora modesta come dimensioni esteriori, ma destinata a crescere e a illuminare e ad essere vita per tutti gli uomini.
In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini: la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta.
Questo bambino, così piccolo e indifeso, è il cuore del mondo. Il cuore del mondo non è Cesare Ottaviano, che pure governava quasi tutta la terra, non sono i filosofi o i vari sapienti dell’epoca, è Gesù. A lui, come attraverso fili invisibili, sono connesse tutte le creature. Lui è venuto per loro, poiché tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo.
Non possiamo nascondere il fatto che la storia di Gesù è anche una storia di sangue e di rifiuto. Il mondo non lo ha riconosciuto. Perfino i suoi non lo hanno accolto, il suo popolo per cui principalmente era venuto.
In questo giorno di Natale non possiamo dimenticare i nostri fratelli che soffrono la persecuzione a causa della loro fede. Con loro ci sentiamo strettamente uniti nella preghiera e nella speranza.
Nello stesso tempo ci uniamo a coloro che soffrono a causa della loro umanità calpestata. Soprattutto ai bambini: a coloro a cui è stato negato il diritto alla nascita, ai bambini che non hanno casa, non hanno nutrimento, non possono andare a scuola, ai bambini sottoposti alle dure fatiche del lavoro, ai bambini-soldato, ai bambini violati nella loro innocenza, a quelli che hanno subito violenza, ai bambini che non hanno possibilità di cure mediche.
A tutti diciamo: il bambino Gesù ci invita ad avere cura dei bambini!
A quanti lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome. Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia.
Il Vangelo del Natale, che ci fa attraversare tutti i drammi del nostro tempo, ci invita infine a non disperare. Proprio il Natale è il segno più grande della speranza: Dio si è fatto uomo perché non vuole abbandonare l’uomo, ma salvarlo. Vuole donargli la sua vita immortale. Nello stesso tempo il Natale ci invita ad essere, nella nostra esistenza, testimoni di Gesù, a portare alla gente la sua luce: dare testimonianza alla luce. Sia questo il nostro frutto di Natale.
Amen.
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