Omelia per la santa Messa nell’ottavo centenario della morte di sant’Alberto di Gerusalemme
- Reggio Emilia, Chiesa parrocchiale di sant’Alberto di Gerusalemme
21.09.2014
Cari fratelli e sorelle,
l’occasione che ci vede qui riuniti è motivo di grande gioia per tutti noi. Vogliamo rendere grazie al Signore per aver donato alla sua Chiesa un grande santo proveniente dalla nostra terra. Sant’Alberto di Gerusalemme, infatti, di cui ricorre l’ottavo centenario della morte, ha avuto i suoi natali a Gualtieri, verso la metà del XII secolo. E da lì è partito prima per entrare tra i canonici regolari di Santa Croce a Mortara, poi, dopo l’elezione episcopale, a Bobbio, a Vercelli e infine a Gerusalemme, di cui nel 1205 fu eletto Patriarca e subito dopo legato papale per l’intera provincia ecclesiastica.
Non ripercorro qui la sua vita, di cui ho parlato nella lettera riportata nel quartino che tutti avete ricevuto. Vorrei invece attirare la nostra attenzione sulle radici della sua avventurosa e ricca vicenda, facendoci aiutare dalla liturgia che sapientemente la Chiesa ha scelto per commemorare la sua figura.
«Donaci, o Padre, lo spirito di sapienza e di intelligenza di cui hai arricchito il tuo servo, il vescovo Alberto». Così abbiamo pregato all’inizio della santa Messa. “Spirito di sapienza e di intelligenza”: queste parole sono un portale attraverso cui entrare nella vita di sant’Alberto. Come vescovo, infatti, egli si distinse per una grande sapienza nel governo e per un’intelligente opera di mediazione e riconciliazione politico-ecclesiale.
Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace (Is 52,7). Le parole del profeta Isaia che abbiamo ascoltato sembrano descrivere proprio l’opera di sant’Alberto. Grazie al suo intervento si ristabilì la pace tra Pavia e Milano, tra Parma e Piacenza, addirittura tra il papa Clemente VII e Federico Barbarossa prima, Enrico IV poi.
Dove attinse il vescovo Alberto la forza, la pazienza e la saggezza che lo accompagnarono in tutta la sua vita, fino al martirio? La seconda parte della preghiera di Colletta ci aiuta a rispondere a questa domanda: «…perché, meditando assiduamente la tua parola, siamo confermati nella fede e con la forza dell’amore annunciamo la speranza nuova, che è entrata nel mondo con l’incarnazione del Cristo tuo Figlio». È stata la commozione di fronte al mistero dell’Incarnazione, la meditazione della Scrittura, la fede che sa riconoscere Dio che opera attraverso la carne della storia, attraverso gli uomini che egli sceglie, a sostenere sant’Alberto nelle grandi responsabilità che di volta in volta gli sono state affidate. Basti leggere la regola che egli scrisse per gli eremiti del monte Carmelo, riunendoli in Comunità, per avere un’idea della sua profonda conoscenza della Sacra Scrittura e della Tradizione, della sua grande spiritualità e della concretezza della sua fede.
Anche in questo legame particolare con la regola carmelitana, possiamo riconoscere la vicinanza di sant’Alberto alla nostra diocesi, nella quale sono nate, attorno alle Case della carità, le suore carmelitane minori della carità, che in qualche modo si rifanno proprio all’Ordine carmelitano di cui sant’Alberto fu il primo legislatore. Ma pure nella sua multiforme opera di vescovo possiamo riconoscere l’animo “reggiano” di sant’Alberto: uomo concreto, grande lavoratore, interessato ai temi politici e sociali del suo tempo, ma soprattutto uomo di grande fede.
È sempre una grande grazia avere dei santi “vicini”, poiché ci aiutano a vedere come tutte le caratteristiche, anche temperamentali, di un popolo possano fiorire e portare frutto quando sono orientate alla gloria di Dio e maturate dall’obbedienza alla Chiesa.
Il Figlio dell’uomo, non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita (Mt 20,28). Ecco la sintesi della vita e della santità del vescovo Alberto: egli è entrato nella profondità di queste parole di Gesù, mettendo a disposizione tutti i suoi doni, il suo carattere, le sue passioni per servire gli uomini e la Chiesa del suo tempo a imitazione di Cristo. E così ha annunciato «la speranza nuova, che è entrata nel mondo con l’incarnazione».
Cari fratelli e sorelle,
guardiamo a sant’Alberto per imparare da lui le vie della pace, pace tra noi e Dio, pace con i nostri fratelli e con le nostre sorelle. Chiediamo a lui di intercedere per noi, per le nostre famiglie, per la nostra Chiesa. In particolare vogliamo affidare alla sua intercessione le intenzioni di preghiera per la pace nella Terra santa, che lui ha così bene conosciuto e servito.
Amen.