Omelia nella solennità della Natività della B.V. Maria. Santa Messa di apertura dell’anno pastorale 2014-2015
- Reggio Emilia, Basilica della B.V. della Ghiara
08.09.2014
Cari fratelli e sorelle,
per la seconda volta mi trovo con voi a iniziare un nuovo Anno Pastorale. Tutto ciò avviene sotto lo sguardo di Maria, nel giorno della sua festa, nel luogo a lei dedicato più caro alla gente della nostra terra.
Tante sono le chiese a lei consacrate, a partire dalla nostra Cattedrale, tante le cappelle, le semplici edicole, le sue immagini nelle nostre case.
Non è questa solo una devozione, mossa da un sentimento filiale verso colei che riconosciamo come nostra madre e che il Concilio Vaticano II ha proclamato Madre della Chiesa. Esprime piuttosto la certezza che nasce dall’aver sperimentato la sua protezione, la sua intercessione presso Dio.
Mettiamo dunque nelle sue mani ogni nostra azione, ogni nostra speranza per il nuovo anno e chiediamo che tutto in noi sia sempre e soltanto la semplice risposta a un amore ricevuto e riconosciuto: l’amore del Figlio di Dio che ha accettato di assumere la nostra carne per rendere visibile, toccabile, sperimentabile, il volto di Dio misericordioso (cfr. 1Gv 1,1ss.).
Sotto lo sguardo di Maria vorrei provare ora con voi a delineare nei suoi tratti essenziali il cammino finora percorso per immaginare i passi che ci attendono.
Ricordate: un anno fa, proprio in questa occasione, annunciai il nome del nuovo vicario generale e dei vicari episcopali. Non era certamente un atto burocratico, come se ci fossero delle caselle vuote da riempire nell’organigramma del consiglio di una società. Per me è essenziale vivere il mio ministero episcopale assieme ad altri fratelli, condividendo con loro ogni decisione importante, maturare con loro una vera comunione. Al vertice di ogni Chiesa non c’è un uomo solo, ma una comunione di persone che, pur con tutte le imperfezioni dovute alla nostra povera umanità, attorno al suo pastore cerca di vivere il grande dono che il Signore ci ha lasciato.
Rendo grazie a Dio per il lavoro che abbiamo svolto assieme e più ancora per la collaborazione vera che è nata all’interno del Consiglio episcopale. Oggi è per me un’occasione opportuna e felice per dire la mia riconoscenza più sentita al Vicario Generale e ai vicari episcopali. A loro accomuno gli altri membri della curia, i direttori degli uffici pastorali, i vicari di zona, i parroci.
Al cuore del nostro lavoro e delle nostre decisioni stanno le persone: dei sacerdoti, dei diaconi, dei fedeli. Alla fine di giugno abbiamo pubblicato un numero rilevante di nuove destinazioni di sacerdoti. Esse compivano un lungo lavoro di riflessione e molti colloqui. Sono sicuro che la grande maggioranza del nostro popolo cristiano ha compreso il senso di queste nuove destinazioni: dare un impulso nuovo all’evangelizzazione della nostra terra. Per questo stiamo creando anche un nuovo ufficio di curia, come strumento di supporto ai parroci per il loro gravoso impegno amministrativo.
Sento una profonda gratitudine per tutti i sacerdoti che, con facilità o con dolore, hanno detto sì alle proposte che venivano da me e dal consiglio episcopale. Ciascuno deve sapere che il vescovo ama ogni sacerdote come il bene più prezioso a lui affidato, conserva nel suo cuore una stima vera per i doni di ciascuno. Certamente Dio saprà ricompensare e già nel presente riempie di tante grazie e consolazioni la vita dei suoi figli. Ho voluto qui, accanto a me, in questa concelebrazione i nuovi parroci, affinché siano sostenuti dalla nostra preghiera e, soprattutto, dalla protezione di Maria.
Sono molto consapevole che ogni cambiamento possa provocare anche turbamento. Ho visto da vicino quanto le comunità sono legate ai loro preti. Penso, nello stesso tempo, che la fede ci aiuta a mantenere vivo tutto il bene ricevuto, la gratitudine verso chi lo ha generato e, nello stesso tempo, l’apertura verso ciò che di nuovo Dio vuole compiere nella nostra vita.
L’anno che si è concluso ha visto anche l’elezione di un nuovo consiglio presbiterale. Ringrazio don Daniele Gianotti per il suo lavoro come mio delegato alla guida di questo importante organismo diocesano. Abbiamo iniziato una riflessione sulle unità pastorali, in vista di una rilettura della presenza della Chiesa sul territorio della nostra diocesi.
Ciò che più mi ha arricchito, durante l’anno passato, sono stati gli incontri che ho vissuto con i singoli sacerdoti, diaconi e laici nelle innumerevoli occasioni che mi sono state date, fra cui gli incontri rivolti a tutto il clero e le visite alle parrocchie. Per ragioni diverse, fra cui soprattutto le sante Cresime, ho incontrato molte parrocchie, quasi un centinaio.
Particolarmente interessanti per me sono stati gli incontri con i diaconi permanenti. Abbiamo preso in considerazione assieme le radici della loro vocazione, la loro formazione, il rapporto fra il sacramento dell’ordine e quello del matrimonio, il loro lavoro civile e pastorale, la collaborazione tra diaconi, sacerdoti e laici. Tutto questo confluirà in una lettera pastorale, la prima del mio episcopato, che verrà pubblicata il prossimo 4 ottobre, festa del diacono san Francesco d’Assisi.
Ciò che più mi ha confortato durante quest’anno è stato notare la fede del nostro popolo. È una fede viva che va continuamente alimentata ed aiutata a diventare intelligenza della vita e luce per le situazioni concrete nelle quali le persone si trovano immerse nella loro esistenza.
Vorrei parlarvi anche di altri avvenimenti – come la nomina del nuovo rettore del seminario, don Alessandro Ravazzini, che ringrazio e a cui auguro un buon lavoro – o la beatificazione del nostro martire, il piccolo Rolando Rivi. Ma ci sono state e ci saranno altre occasioni per farlo.
Voglio solo ricordare che l’anno che iniziamo è, per iniziativa del Santo Padre, dedicato alla vita consacrata. Ci saranno iniziative specifiche per questo. Tutti siamo chiamati a conoscere e, soprattutto, a pregare per le comunità religiose. Ogni anno in diocesi vengono meno comunità religiose. Chiediamo al Signore nuove vocazioni.
Viviamo in un tempo molto difficile che ci costringe beneficamente a riscoprire i fuochi essenziali della nostra fede. Per questo, dopo la lettura degli Atti degli Apostoli, ho indicato quest’anno per tutta la diocesi due testi di studio, meditazione e riflessione: le lettere di san Paolo ai Colossesi e agli Efesini. Sono testi fondamentali che ci portano al cuore del cristianesimo, al nostro radicamento in Cristo.
Leggendo e meditando queste lettere, scopriremo la novità radicale del battesimo, che ci innesta nella vita di Cristo rendendoci uomini nuovi. San Paolo ha creato un nuovo linguaggio per esprimere tutto ciò. Dice che noi siamo risuscitati con Lui – “conrisuscitati” – glorificati con Lui – “conglorificati” – e con lui sediamo nei cieli (cfr. Ef 2,5-6). Il primo scopo, dunque, della nostra meditazione di quest’anno è riscoprire e riapprofondire la nostra unità con Cristo, l’unità con i nostri fratelli che lui rende partecipi del suo Corpo e l’unità con tutti gli uomini che misteriosamente, nella sua croce e nella sua resurrezione, camminano verso un movimento di ricomposizione dell’universo nella persona di Gesù. Come ha scritto don Giuseppe Dossetti, si può parlare di una «estensione di quell’evento a tutte le dimensioni della storia del cosmo. Questa realtà universale è concretamente la Chiesa, che è il Corpo di Cristo, cioè la sua presenza, una presenza che continuamente si rinnova, si estende e si arricchisce».
La seconda parte di queste lettere mostra l’uomo nuovo nella vita quotidiana e nei suoi rapporti di tutti i giorni. Saremo così condotti a rileggere la nostra vita familiare e sociale. Siamo alla vigilia di un Sinodo straordinario dedicato alla famiglia. Il Papa e la conferenza episcopale ci invitano a pregare per l’esito di questo Sinodo. Desidero raccomandare a ciascuno di voi questa preghiera.
Anche noi, alla vigilia dell’apertura del Sinodo, ci raccoglieremo in preghiera in Cattedrale.
A Maria, Madre della Chiesa e madre nostra, raccomando tutte queste nostre intenzioni e affido ciascuno di voi, in particolar modo coloro che sono malati, soli, bisognosi, tutte le situazioni di povertà della nostra Chiesa, perché siano accolte come luce e siano aiutate.
Camminiamo tutti assieme verso il Signore che ci attende.
Amen.