Omelia nella solenne celebrazione per la XVIII Giornata per la vita consacrata
- Reggio Emilia, Cattedrale
02.02.2014
Cari fratelli e sorelle,
celebriamo assieme, anticipandola di un giorno, la giornata per la vita consacrata che la Chiesa lega alla festa della presentazione del Signore al Tempio. Saluto e ringrazio innanzitutto mons. Francesco Marmiroli, mio vicario per la vita consacrata e i monasteri, e tutti voi religiosi e religiose, soprattutto coloro che durante quest’anno festeggiano un particolare anniversario della professione religiosa. È una grande gioia per me ritrovami assieme a tutti voi che avete risposto all’amore di Dio consacrando a lui le vostre persone.
La vita consacrata è nel mondo, e nella Chiesa, un segno profetico della vita vera, alla quale tutti gli uomini e tutte le donne aspirano. Ogni vocazione cristiana contiene in sé un riflesso della sua luce, poiché ogni vocazione consiste nella donazione della propria vita a Dio nella forma che egli stabilisce per ognuno. Proprio per questo la vita consacrata illumina e in un certo senso riassume il cuore stesso di ogni vocazione. Il mondo ha bisogno di guardare a ciò che è essenziale, a ciò per cui vale la pena vivere e lavorare. Il mondo ha bisogno di essere richiamato a ciò che non passa. E voi avete proprio questo compito: mostrare con la vostra esistenza, prima ancora che con le vostre parole, il valore eterno di ciò che viviamo nel tempo. La vostra testimonianza grida al mondo che la vita ha un senso e che questo senso è la persona di Gesù. La vostra vocazione ci dice che Cristo basta alla vita, tanto che è possibile vivere solo di lui.
Il papa ha da poco affidato alla Congregazione per i religiosi il compito di riscrivere il documento che regola i rapporti tra i vescovi e i religiosi presenti nelle diocesi, documento risalente ormai al ’78. La ragione di questa decisione non è solo l’esigenza di aggiornamento di un testo ormai vecchio. Più profondamente il papa vuole richiamare l’attenzione di tutta la Chiesa all’importanza dei vari carismi per l’evangelizzazione.
Anch’io sono profondamente convinto che nel nostro mondo attuale, in particolare nella nostra Chiesa di Reggio Emilia-Guastalla, voi avete un compito fondamentale e insostituibile. Con la ricchezza delle vostre storie e la vitalità dei vostri carismi potete contribuire in modo determinante a riaccendere o rianimare nelle nostre città e nelle nostre parrocchie il fuoco che Gesù è venuto a portare. Certo, per vivere questa responsabilità che il vescovo vi affida, avete bisogno di riscoprire ogni giorno il fascino che vi ha attratti quando siete entrati nella vostra congregazione. Riscoprire e rivivere oggi il vostro carisma, approfondendo le vite e gli scritti dei vostri fondatori. Lasciarvi rinfiammare dalla loro santità e dalla radicalità con cui hanno amato e annunciato Cristo.
Per tutte queste ragioni spero che nei prossimi anni anche altri istituti religiosi, movimenti e nuove comunità, suscitati dallo Spirito negli ultimi decenni, possano essere accolti nella nostra diocesi e collaborare alla nostra missione evangelizzatrice.
Nel Vangelo che abbiamo appena ascoltato Gesù, presentato al Tempio, viene chiamato da Simeone luce per illuminare le genti, gloria del popolo e segno di contraddizione. Non sono forse queste anche le caratteristiche della vita consacrata? Essa è innanzitutto luce che permette agli uomini di vedere la vita nuova che nasce dall’incontro con Gesù. Proprio per questo la vita consacrata è anche, assieme al martirio, la gloria più alta del popolo cristiano, l’esperienza che rende massimamente credibile e affascinante l’annuncio della Chiesa. Da questo punto di vista, proprio per la radicalità con cui testimonia il vangelo, la vita consacrata rappresenta anche un segno di contraddizione, di fronte a cui è impossibile non lasciarsi interrogare.
Ma non dobbiamo mai dimenticare che solo Gesù è luce, gloria e autentico segno di contraddizione. Ed è solo nella quotidiana assimilazione alla sua persona che anche noi, per grazia, possiamo diventarlo. Ogni giorno dobbiamo pregare di entrare nel cuore di Gesù, di avere i suoi stessi pensieri, le sue parole, i suoi criteri. Non lasciamoci sedurre dal mondo, non lasciamo entrare il mondo nei nostri monasteri e nelle nostre case! Portiamo invece nel mondo il buon profumo di Cristo (cfr. 2Cor 2, 15). È questo che il mondo aspetta da noi. Questo ciò di cui ha massimamente bisogno. Non saprebbe che farsene di religiosi o di sacerdoti che vivessero come tutti gli altri, secondo criteri e mentalità mondani.
È Gesù stesso a metterci in guardia da questo pericolo: se il sale perdesse il suo sapore a che cosa servirebbe? Come lo si potrebbe rendere salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini (cfr. Mt 5,13).
Auguro a tutti voi di rimanere fedeli alla vostra vocazione e di riscoprire ogni giorno la gioia e la bellezza della vostra vita, in modo che essa possa illuminare tutti coloro che vi incontrano e, soprattutto, portare consolazione al cuore di Gesù.
Amen.