Omelia nella santa Messa per il centenario di fondazione della Famiglia Paolina
- Reggio Emilia, Cattedrale
Cari fratelli e sorelle, care sorelle paoline,
le mie parole durante questa santa Messa sono innanzitutto per voi che festeggiate il centenario di fondazione della famiglia paolina.
Molte sono le congregazioni laicali e religiose nate attorno al carisma di don Giacomo Alberione a cominciare dalla Società san Paolo, che costituisce il nucleo della vostra famiglia[, le Figlie di san Paolo, le Pie discepole del Divin Maestro, le suore Pastorelle, le suore Apostoline e altre ancora]. Se guardiamo alla vita di don Alberione siamo colpiti innanzitutto dalla sua instancabile sollecitudine missionaria, un’ansia, quasi, di far conoscere Cristo a tutti gli uomini e a tutte le donne del suo tempo. «Portare Cristo oggi, con i mezzi di oggi»: questo il motto riassuntivo della sua vita. Sin da giovane sentì forte il fascino della parola come mezzo intramontabile di comunicazione. All’età di 20 anni scriveva: «La vera forza che regge gli affetti del cuore, che muove il regno invisibile del pensiero […], che scorre in tutti i secoli, che si dilata in tutte le nazioni è la potenza della parola».
Con profetica e pionieristica intuizione il beato Giacomo Alberione si rendeva conto che i mutamenti del mondo e della società dovevano spingere la Chiesa a parlare da nuovi pulpiti. Oltre a formare aggregazioni religiose e costruire chiese, fondò, infatti, varie riviste, una casa editrice e una cinematografica, dimostrando anche una grande genialità organizzativa. Fu il primo ecclesiastico a entrare così profondamente nel mondo della comunicazione e dei mass media.
La sua attenzione e la sua professionalità furono fondamentali perché la Chiesa uscisse da un complesso di inferiorità rispetto al mondo dell’industria comunicativa. Egli era consapevole del grande tesoro custodito dalla Chiesa e dell’urgenza di farlo conoscere. In tutto ciò i modi della comunicazione non sono indifferenti e le nuove possibilità offerte dalla stampa e dal cinema potevano costituire un grande alleato. Questa la grande convinzione di don Alberione. Non bisognava aver paura del mondo industriale e commerciale, ma servirsene per il bene della Chiesa.
Il vostro fondatore, con una fermezza tutta piemontese, desiderava che le sue riviste e i suoi libri fossero fatti bene, curati nel dettaglio; che fossero competitivi, in grado di entrare nel mercato. Tutto ciò, naturalmente, senza farsi imprigionare dalle logiche commerciali e perdere di vista lo scopo missionario dell’opera.
Le testimonianze di chi lo ha conosciuto sono concordi nel descrivere don Alberione come un uomo schivo, di poche parole, che non amava stare sotto i riflettori. Il segreto di tutto il dinamismo della sua vita non era costituito, dunque, in primo luogo dalla passione per l’industria comunicativa, ma dalla passione per Gesù, dall’insopprimibile desiderio di farlo conoscere. «La nostra pietà è in primo luogo eucaristica – scrive don Alberione nel 1960 –. Tutto nasce, come da fonte vitale, dal Maestro Divino. Così è nata dal tabernacolo la Famiglia Paolina, così si alimenta, così vive, così opera, così si santifica» (cfr. Ut perfectus sit homo Dei, 222-230).
Il beato Alberione amava Gesù e, a imitazione di san Paolo, voleva che attraverso tutti gli Areopaghi del mondo si parlasse di Cristo, che tutte le strade fossero percorse per farlo conoscere e amare dagli uomini del suo tempo.
Paolo VI, così sensibile e attento al fascino comunicativo della parola, non nascose mai la sua ammirazione per quest’uomo. Lo definì «meraviglia della nostra epoca» e, con grande sorpresa di tutti, si presentò al suo capezzale pochi giorni prima della sua morte.
«Quale formidabile eredità egli lascia alla sua famiglia religiosa! Possano i suoi figli e le sue figlie spirituali mantenere inalterato lo spirito delle origini, per corrispondere in modo adeguato alle esigenze dell’evangelizzazione nel mondo di oggi» (Giovanni Paolo II, Omelia nel giorno della beatificazione di don Giacomo Alberione, 27 aprile 2003).
In queste parole, che san Giovanni Paolo II ha pronunciato il giorno della beatificazione di don Giacomo Alberione, è contenuto il programma della vostra vita presente e futura. Occorre continuamente riscoprire il carisma da cui si è stati generati, mantenersi ad esso fedeli. Non è un compito facile. Il mondo della comunicazione, infatti, è in continuo divenire. Le nuove tecnologie, la velocità delle innovazioni informatiche e la logica sconsiderata del mercato costituiscono una sfida continua. Occorre un prudente discernimento per distinguere ciò che costruisce il Regno di Dio e ciò che invece lo contraddice o lo ostacola. Il vostro compito si svolge, dunque, su un crinale molto delicato. Eppure è possibile viverlo con gioia, come strada affascinante di conversione e di conoscenza del mondo, dell’uomo e di Gesù: Cristo è sempre lo stesso, ieri oggi e sempre. E lo stesso è anche il cuore dell’uomo. Solo Cristo è la risposta adeguata all’anelito profondo di ogni cuore. È questa certezza che permette alla Chiesa, e quindi anche a voi, di attraversare senza paure e con serena baldanza le strade del mondo. Consapevoli che proprio per il bene del mondo è necessario essere liberi dalle sue logiche.
Possa il beato Alberione intercedere per tutti noi e custodire dal cielo, per il bene di tutta la Chiesa, la grande opera che attraverso di lui è nata.
Con questi sentimenti vi benedico e vi auguro di riscoprire continuamente il fascino e la bellezza della vostra vocazione.
Amen.