Omelia nella santa Messa del mercoledì delle Ceneri
- Reggio Emilia, Cattedrale
05.03.2014
Cari fratelli e sorelle,
inizia oggi, con la Quaresima, un tempo prezioso nel quale la Chiesa ci prende per mano e ci conduce verso la meta luminosa della Pasqua. Questo itinerario comincia con l’imposizione delle ceneri. Perché la Chiesa ha individuato in questo gesto l’inizio della preparazione all’incontro con Gesù risorto?
Vorrei questa sera cercare di rispondere assieme a voi a questa domanda.
Dobbiamo considerare innanzitutto le parole che il sacerdote pronuncia nel momento in cui ci impone le ceneri: «Ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai». Ogni cammino umano, per essere fecondo, ha bisogno di partire dalla verità sull’uomo. Abbiamo bisogno, cioè, di tornare alla verità di noi stessi: siamo polvere, come l’erba sono i giorni dell’uomo, – afferma il salmista –
come il fiore del campo, così egli fiorisce.
Lo investe il vento e più non esiste
e il suo posto non lo riconosce (Salmo 102,15-16).
Viviamo in un tempo in cui questa verità è oscurata. La finitezza dell’uomo, la sua costitutiva fragilità, che si esprime in modo sintetico nella morte, sono qualcosa a cui non si vuole guardare. Al contrario l’uomo e le sue voglie sono esaltati oltre ogni ragionevole limite. Basti considerare i messaggi che ci vengono dalla pubblicità sui giornali, in televisione, nella rete. Sembra che l’uomo, ridotto molto spesso al suo corpo, sia onnipotente e immortale. Che tutto sia magicamente perfetto. Di questo mondo illusorio non fanno parte il dolore e la sofferenza, la malattia e la morte, i problemi e il male. In senso più profondo, il mondo nel quale viviamo è un mondo che si illude di essere “autosufficiente”, in cui non c’è più il senso del peccato e dove quindi non è più necessario il perdono. La diminuzione dei battesimi, anche nella nostra diocesi, è, in ultima analisi, proprio il frutto di questa mentalità. I genitori non sentono più l’urgenza di chiedere a Dio la vita eterna per i loro figli. Vogliono, certo, il loro bene, ma sono vittime di una cultura menzognera che li fa illudere di dover costruire da soli la felicità dei propri figli. E così il futuro è guardato con diffidenza. Proprio per questo i figli non possono essere tanti. Uno, due al massimo.
Cari fratelli e sorelle,
le ceneri che tra poco riceveremo sul capo ci riportano ad una considerazione realistica della nostra condizione e ci aprono all’accoglienza della grazia divina che ci salva. Senza di me non potete far nulla, ci ha detto Gesù (Gv 15,5), ma assieme a Lui nulla è impossibile. È questa la ragione vera della nostra speranza, che ci fa guardare con serenità e fiducia al futuro dei nostri figli. «Sappia che è onnipotente colui che diffida totalmente di sé e ripone la sua fiducia in me» (il Sacro Cuore a santa Margherita Alacoque).
Il ricevere le ceneri non è, dunque, di un gesto pessimista, di sfiducia e di abbattimento, al contrario è l’inizio di un cammino di rinascita, di luce, di resurrezione.
Le ceneri, infatti, non sono solo un segno della debole e fragile condizione dell’uomo, ma anche della sua volontà di rinascere, pentendosi dei suoi peccati e chiedendo a Dio la vita nuova.
In tutta la storia di Israele troviamo molto spesso questo segno per implorare la misericordia di Dio (Gio 3,5-9; Gdt 4,11). Dio si commuove ogni volta che l’uomo, con umiltà, riconosce la sua realtà di creatura bisognosa davanti a lui.
Ma le ceneri che tra poco riceveremo contengono anche un altro significato, sconosciuto al popolo di Israele: esse, secondo un’antica tradizione, sono ottenute bruciando i rami di ulivo benedetti con i quali l’anno precedente si è fatta memoria dell’ingresso messianico di Gesù a Gerusalemme nella domenica delle palme.
I rami che gli abitanti di Gerusalemme agitavano a festa esprimevano, come sappiamo, un’idea politica del Regno di Dio, una considerazione ancora acerba della salvezza che Gesù era venuto a portare. È significativo che proprio quei rami siano ora ridotti in cenere come a manifestare la necessità di superare le immagini che ognuno di noi si fa di Gesù. Egli è venuto a salvarci condividendo la nostra fragilità, non eliminandola.
È quanto ci ricorda il Santo Padre, ispirandosi a san Paolo, nel suo messaggio per la Quaresima: Egli, da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà (2Cor 8,9). «Ciò che dà vera libertà, vera salvezza e vera felicità è il suo amore di compassione […] – scrive il Papa –. La povertà di Cristo che ci arricchisce è il suo farsi carne, il suo prendere su di sé le nostre debolezze». Le ceneri che riceviamo, allora, siano per noi occasione grata di memoria e di imitazione della vita di Cristo: memoria del suo amore per noi, che ci infiamma di carità verso i fratelli, imitazione della sua obbedienza al Padre. Infatti, continua nel suo messaggio papa Francesco, «Gesù è ricco della sua sconfinata fiducia in Dio Padre, dell’affidarsi a lui in ogni momento, cercando sempre e solo la sua volontà e la sua gloria. […] La ricchezza di Gesù è il suo essere il Figlio».
È questo il mio augurio per voi: che il cammino quaresimale sia per ognuno la scoperta di essere figli. Figli amati, perdonati, attesi. Il Padre ci ha donato Gesù e attraverso di lui, nel sacramento della Penitenza, perdona le nostre colpe e le nostre debolezze. Attingiamo con abbondanza a questa fonte della misericordia! Assieme a san Paolo vi supplico in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio… poiché ora è il momento favorevole, ora il giorno della salvezza (cfr. 2Cor 5,20. 6,1)!
Amen.
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