Omelia nell’Azione liturgica in passione Domini
Reggio Emilia, Basilica di san Prospero, 29 marzo 2013
29.03.2013
Cari fratelli e sorelle,
nel giorno del venerdì santo riviviamo il momento più terribile e assieme più glorioso della storia del mondo, quello più buio e, nello stesso tempo, più luminoso. Un momento che ha come protagonista Gesù. Egli si innalza gigantesco e umilissimo sulla scena di Gerusalemme. Al centro di tutto sta il suo dialogo con il Padre, a cui possiamo avere accesso soltanto nella misura in cui egli ce ne concede la grazia. Il Padre ha chiesto al Figlio di assumere la carne umana per prendere su di sé, sulle sue spalle le spalle del Pastore buono la pecorella smarrita dellumanità. Per prendere su di sé i peccati degli uomini. Per riconciliare Dio e lumanità, per reintegrare lunità tra il cielo e la terra spezzata a causa del peccato di Adamo.
Il Figlio vive liberamente questa obbedienza. Fatto obbediente fino alla morte di croce (Fil 2,8). Io do la mia vita liberamente. La do e la riprendo (cfr. Gv 10,18).
Questo dialogo misterioso di obbedienza e libertà riguarda ciascuno di noi. Non è un dialogo intellettuale, filosofico. È un dialogo che nasce dallamore, perché Dio è amore (cfr. 1Gv 4,8) e si consuma nellamore: li amò sino alla fine (Gv 13,1).
Al centro dellinteresse di Dio, del rapporto tra Padre e Figlio nello Spirito, vi è ogni uomo. Un interesse per ciascuno a lungo coltivato da Dio. Già nella creazione appare questo curvarsi di Dio sulluniverso che Egli ha creato. Più ancora questa sua passione per luomo appare nella storia dIsraele, nei patriarchi, da Abramo a Isacco, a Giacobbe; nei Re; nei profeti. Abbiamo ascoltato le parole del profeta Isaia, i capitoli dedicati al misterioso servo sofferente, sfigurato e assieme esaltato e onorato. In lui appare, con impressionante trasparenza, la vicenda del Figlio di Dio fatto uomo: si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori. È stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Ma ecco, infine, una grande promessa: per le sue piaghe siamo stati guariti (cfr. Is 53,4-5). Divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono, dice la lettera agli Ebrei (Eb 5,9).
La vicenda di Gesù che oggi siamo chiamati a guardare, a contemplare, affinché diventi oggetto di amore e di gratitudine commossa più che di ragionamento la vicenda di Gesù esce dallo spazio misterioso del rapporto tra Padre e Figlio ed entra ad illuminare e interrogare la vita di ciascun fedele, anzi la vita di ogni uomo.
Ci svela la realtà della nostra disobbedienza, del nostro peccato, la realtà del male con le sue conseguenze di dolore e di morte, e la realtà del perdono, della misericordia che Cristo ottiene per tutti noi dalla croce della sua passione.
La realtà del male è certamente la presenza più contraddittoria e apparentemente incomprensibile. Contraddice la vita, la felicità, cui tutti ci sentiamo chiamati. Eppure, nello stesso tempo, lo sentiamo dentro di noi e lo vediamo potentemente e sfacciatamente allopera nel mondo, con la protervia del vincitore.
Lo vediamo nelle guerre nate dallinsaziabilità del potere e dellavere, nelle uccisioni dei deboli, degli indifesi, nella soppressione della vita che avrebbe diritto di nascere o che è giudicata un peso nella vecchiaia, lo vediamo nelle sofferenze dei poveri, di chi non ha casa, non ha lavoro, di chi è malato, solo, disperato, di chi è colpito per la propria fede, di chi è privato ingiustamente della libertà o dellonore. E la lista, purtroppo, dovrebbe essere molto più lunga.
Il male tra noi ha tante cause e non possiamo ora prenderle in considerazione. Cristo è venuto a combattere e sconfiggere la radice di tutti i mali: Satana e lorgoglio della sua ribellione a Dio.
Quando noi confessiamo umilmente le nostre colpe e chiediamo perdono a Dio e ai fratelli, entriamo in questa vittoria sul male che Cristo ha ottenuto per noi sulla croce.
Ma perché, allora, esiste ancora il male con le sue nefaste conseguenze?
La vittoria di Cristo deve essere accolta liberamente da ogni uomo, deve entrare in noi e cambiare le strutture del nostro cuore e della mente. Attraverso di noi cambiare le strutture di morte della storia umana. È un cammino lungo, che Dio compie con noi e, spesso, al nostro posto, operando con la sua grazia ciò che noi ancora non riusciamo a vivere. Ma è un cammino pieno di fiducia nella potenza di Dio che non ci lascia mai soli.
Nella croce di Cristo egli ha manifestato la sua volontà irreversibile di salvezza, di pienezza, di bene, di perdono per luomo. Ora spetta a noi aprirci a questo dono, con umiltà, gratitudine, rinnovando la nostra confidente preghiera: conserva, Signore, coloro che tu hai redento. Conservali nella luce, nella comunione, nella pace del cuore e della mente.
Amen.