Omelia nella Solennità della B.V. della Ghiara nell’anniversario del primo miracolo
- Reggio Emilia, Basilica della Ghiara
29.04.2013
Cari fratelli e sorelle,
oggi è un giorno di festa per la nostra città e la nostra Chiesa.
417 anni fa davanti a questa immagine della Madre di Dio il piccolo Marchino, sordomuto dalla nascita, cominciò prodigiosamente a parlare. Le prime parole che disse furono: Gesù e Maria. Da dove venivano a lui quelle parole? Da quale profondità del suo essere? Fu un evento che colpì l’intera città e fece crescere in tanti uomini e tante donne la devozione alla Madonna della Ghiara.
Ancora oggi questo santuario è il cuore della nostra città, il luogo dove si incrociano le suppliche di tanti cuori, la casa dove si incontrano le nostre vite, la fonte da cui attingere speranza e fiducia per il presente e per il futuro.
Ma cosa dice a noi oggi il miracolo di Marchino? Innanzitutto che nulla è impossibile a Dio. Tutto ciò Maria lo aveva appreso per la prima volta dalla bocca dell’angelo che le annunciava la sua divina maternità (cfr. Lc 1,37). E da quel momento tutta la sua vita e la sua opera nella Chiesa ha mostrato questa verità. Nulla è impossibile a Dio: non c’è male del nostro spirito che non possa essere da Lui guarito, non c’è dolore che Egli non possa aiutarci ad attraversare, non esiste circostanza in cui non possiamo ricorrere fiduciosi all’aiuto di Dio e di sua madre. Per aiutarci a comprendere questo Maria intercede talvolta, anzi spesso, anche per guarigioni del corpo. Sono i miracoli che fanno accorrere la gente ai suoi Santuari.
Un secondo insegnamento ci viene dal miracolo di Marchino: è venuto, sentendo parlare di miracoli, e si è messo in ginocchio davanti a questa immagine. La grazia di Dio non ci raggiunge indipendentemente dalla nostra libertà. Essa chiede la nostra collaborazione, la nostra preghiera, la nostra fede. Dio ci apre all’ascolto della sua parola e ci rende capaci di annunciare le sue opere: fa udire i sordi e parlare i muti (Mc 7,37), abbiamo ascoltato nel vangelo. Commentando proprio questo passo evangelico, il santo monaco benedettino Beda il Venerabile, storico e dottore della Chiesa, vissuto in Inghilterra tra il VII e l’VIII secolo, scrive: «l’uomo è diventato sordo all’ascolto della parola di vita dopo che, gonfio di superbia, ascoltò le parole mortali del serpente indirizzate contro Dio; è diventato muto al canto delle lodi del Creatore da quando ha presunto di parlare col seduttore» (cfr. Om. II, 6). La guarigione della sordità fisica, allora, è segno di una guarigione ben più profonda di cui tutti abbiamo bisogno. C’è una sordità che ci impedisce di ascoltare la voce di Dio che parla alla nostra vita. Solo se torniamo a metterci in ascolto di questa voce anche la nostra lingua potrà sciogliersi e le nostre parole non saranno più mute, cioè inutili, cattive, incapaci di raggiungere veramente gli altri.
Tutti, come il piccolo Marchino, abbiamo bisogno di essere guariti da Gesù. Ma questo miracolo, fratelli e sorelle carissimi, è già avvenuto per ognuno di noi al momento del nostro battesimo. Il sacerdote, segnandoci le orecchie e la bocca, ci ha detto: “Il Signore Gesù, che fece udire i sordi e parlare i muti, ti conceda di ascoltare presto la sua parola, e di professare la tua fede, a lode e gloria di Dio Padre”.
Il dono che Dio ci ha fatto deve essere riscoperto continuamente da noi. Chiediamo fiduciosi alla Madonna la grazia di questo rinnovamento. Torniamo ad ascoltare le parole di Dio che lei ci suggerisce. Preghiamola con il santo Rosario in questo mese di maggio che sta per cominciare. Il Rosario, come recita la supplica composta dal beato Bartolo Longo che viene recitata l’8 maggio e la prima domenica di ottobre, è la dolce catena che ci rannoda a Dio, il porto sicuro nel comune naufragio. È una preghiera semplice, che tutti possono fare. Contemplando i misteri della vita di Gesù chiediamo di entrare nello sguardo con cui la Madre ha guardato suo Figlio e la storia. Possiamo affidare a Maria le nostre preoccupazioni, le persone a cui vogliamo bene e quelle che sentiamo più lontane. Così nella ripetizione delle Ave Maria siamo introdotti nel cuore materno della Chiesa e, quasi senza che ce ne accorgiamo, la nostra vita inizia ad essere abitata da una sapienza e una pace profonde.
Nel santo Rosario chiediamo la fede, la pace nelle famiglie, che i giovani possano incontrare Cristo, la speranza per chi è anziano, il lavoro per chi l’ha perduto, l’accoglienza di chi ha bisogno.
Amen.
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