L’espressione “Giornata Mondiale della Gioventù” suggerisce (per chi ha partecipato a qualche raduno internazionale col Papa) impressioni diverse: a qualcuno ricorda lunghe marce assolate in qualche città lontana, cantando circondato da voci e sorrisi di ogni fattezza e lingua; ad altri un momento di raccoglimento particolarmente significativo, tra migliaia di persone ad una veglia finale in un grande spiazzo in compagnia del Papa. In particolare, quelle quattro parole risvegliano in me alcuni dei frammenti di fraternità più pura che abbia mai vissuto, sparsi in quelle due settimane polacche (Cracovia 2016) così uniche e piene.
Ecco questo è quello che in piccolo si è cercato di vivere domenica 20 novembre, in un soleggiato pomeriggio nel centro storico della città di Reggio. Un primo passo, o meglio un primo “alzarsi” (tema trasversale delle ultime tre GMG proposto da Papa Francesco) per tutta la nostra chiesa diocesana, la comunità dei giovani chiamati dal Papa a Lisbona nell’estate del prossimo anno.
Far fare l’esperienza di una GMG ad una persona che non ha mai preso parte ad un evento del genere non è cosa facile. Ci ha aiutato l’ente organizzatore centrale dell’evento di Lisbona, con un video-messaggio proiettato a tutti noi all’inizio del pomeriggio: a più di mille adolescenti e giovani, coi loro educatori e sacerdoti, provenienti dai quattro angoli della Diocesi, assiepati nella splendida cornice del santuario della Ghiara. Questo invito virtuale ci chiamava ad “alzarsi”, come Maria nel vangelo (“Maria si alzò e andò in fretta – Lc 1,39), e andare di fretta a predisporci per questo grande evento in compagnia di tutti i giovani del mondo.
A quel punto, come detto, ci siamo alzati e siamo entrati nel cuore di questa GMG diocesana: divisi nelle varie unità pastorali ci siamo sparsi per cinque punti della città (le chiese di San Pietro, Sant’Agostino, il Duomo, il Battistero e la Ghiara), come aspiranti pellegrini, per riflettere, masticare e fare nostra quell’enigmatica frase, “Si alzò e andò di fretta” che pur sembrando semplice, quasi banale, contiene in sé tutto quello che è, e dovrebbe essere, non solo una GMG, ma anche la vita di un giovane cristiano che ambisce a cambiare il mondo. Nei vari punti della città si è cercato di far entrare dentro questa dinamica gli adolescenti e giovani, attraverso diversi linguaggi suggestivi ed evocativi.
In Cattedrale abbiamo contemplato l’alzarsi fisico del corpo attraverso la fisicità elegante e delicata della danza con cui una ballerina, della scuola di danza “Nuovo Balletto Classico”, ci ha incantato in un intrigante turbinio di colori e metafore di dolcezza, accompagnata da canzoni mariane eseguita da Mina, alternata a letture di testi.
In San Pietro il corpo si è unito alla voce di Daniele Castellari, il quale ha messo in scena una e vera e propria provocazione teatrale a tutti noi giovani in procinto di affacciarci alla vita: un medico, imbolsito e stanco di indossare la sua maschera, che ci sfida a lasciare la comodità del divano (che tanto sa di morte prematura) e a domandarsi, mettendo in crisi le logiche della nostra società conformata e ferma, se forse non è questa “fretta” la differenza tra la vita vissuta e non vissuta: la differenza tra la logica della vita e la logica della morte, tra quello che siamo chiamati a diventare e quello che dovremmo diventare.
Di tutt’altra natura invece quello che abbiamo trovato in Battistero: in quella cornice suggestiva, Stefano Nava con un filo di voce ha ricucito un percorso di significato partendo dai suoi dipinti, essenziali e poveri, che però ci urlano di alzarci e prenderci le nostre responsabilità, raccogliendo la croce depurata dai luoghi comuni e della banalizzazioni che troppo spesso la inibiscono, la declassano a rango di mera icona.
In Ghiara, il calciatore Francesco Messori, fondatore e capitano della Nazionale italiana di Calcio Amputati, ci ha aperto il cuore raccontando come il successo e gli idoli dell’apparire, anche in lui hanno creato un inganno. E nonostante il suo impegno per costruire una vita di passione e di felicità “con una gamba in meno”, attraverso una sua crisi, ci ha detto di aver capito che quello che conta è scoprire di essere amati da Dio e da chi in terra ne è la voce e le mani.
In Sant’Agostino, infine, i giovani della diocesi hanno preso per mano i ragazzi e, dopo aver spiegato il significato del logo della GMG di Lisbona, li hanno aiutati a “fare lo zaino” con tutti quegli strumenti, materiali e non, utili per affrontare un’esperienza del genere: una sorta di vademecum per questi novelli pellegrini che affronteranno insieme a noi questo viaggio.
Viaggio, il nostro diocesano di domenica scorsa, che si è concluso tutti assieme in Cattedrale: e mentre ci stavamo entrando nella navata centrale ho cominciato a percepire una lieve vibrazione: i canti appassionati in lontananza del coro di tanti giovani, i mille visi sorridenti: quella tanto decantata fretta si stava materializzando. Una volta composti, abbiamo ascoltato il vangelo proposto dal Papa per la GMG di Lisbona: la visitazione di Maria ad Elisabetta. E il Vescovo Giacomo ha tenuto la sua catechesi spronandoci ancora una volta a farci contagiare da quell’Amore che spinse Maria ad andare a trovare Elisabetta: l’urgenza di portare Cristo e la sua Buona Notizia, la forma più alta di ogni carità.
Dopo aver chiuso il pomeriggio con la preghiera ufficiale della GMG, regalataci su un cartoncino da portare a casa e da utilizzare durante il cammino di preparazione di quest’anno, siamo usciti sul sagrato della Cattedrale e, sorseggiando un thè caldo con un po’ di biscotti preparato dall’organizzazione, e gustando ancora la bellezza della fraternità di questa immensa folla giovane piena di energia e prospettiva, lì l’ho sentita: quell’energia, quel vento che ci sospinge impetuoso, urgente e bruciante verso Lisbona e soprattutto verso una Vita vissuta appieno, ri-alzati dal divano e che, in realtà, non ha mai smesso di chiamarci a sé, anche quando quella fretta non la sentivamo.
Federico Manzotti