Cattedrale di Reggio Emilia, 22 novembre 2020
Cari fratelli e sorelle,
con questa domenica si conclude l’anno liturgico. Non a caso, perciò, siamo portati a guardare alla fine del tempo attraverso un’immagine molto potente che troviamo nel vangelo che abbiamo appena ascoltato. Ci viene raccontato il raduno di tutti i popoli. È un vero e proprio raduno battesimale. Noi sappiamo, infatti, che senza battesimo non si può entrare nel regno di Dio, senza immersione nelle acque della morte e resurrezione di Cristo non vi è salvezza. Egli è la porta (cfr. Gv 10,1-10), l’unica porta attraverso cui ogni uomo, da Adamo fino all’ultimo della terra, ha accesso alla vita che non finisce: la vita della comunione con Dio e con i fratelli, la vita che ci è donata gratuitamente. Sarà un dono che ci sorprenderà e che ora non possiamo neppure immaginare, come non possiamo immaginare l’infinito e il “per sempre”. Sappiamo soltanto che la vita con Dio sarà una sorgente continua di gioie, di esperienze sempre nuove, una relazione continuamente rinnovata con il Signore e con le persone, a partire da coloro che abbiamo amato. Un’esperienza in cui entreranno tutte le realtà create, animate e inanimate, secondo un disegno che possiamo ora soltanto intravedere.
In questo raduno universale Gesù separerà tutti gli esseri della terra in due gruppi: da una parte – a destra – le pecore, segno, nella loro mitezza, di chi ha accettato il Signore. Alla sinistra le capre, rappresentanti, nella loro riottosità, di chi l’ha rifiutato (dobbiamo probabilmente a questo l’immagine caprigna del diavolo, rappresentato con corna, zoccoli, coda e pelo arruffato).
Alla fine del mondo, secondo questo racconto, non ci sarà in realtà alcun interrogatorio: il giudizio appare già compiuto. È la vita sulla terra, infatti, il tempo in cui decidiamo pro o contro Cristo, pro o contro il Battesimo. Rimane soltanto un infinitesimale momento di stupore, gioioso per gli uni, tragico per gli altri. Non dimentichiamo che in quel giorno si raduneranno un numero infinito di persone, di cui solo una piccola parte ha conosciuto effettivamente Gesù[1]. Da qui lo stupore dei più. Come è possibile scegliere Gesù senza averlo conosciuto? Ogni uomo custodisce dentro di sè un insopprimibile desiderio di Dio; tutti, infatti, nasciamo ad immagine di Dio e siamo portati a riconoscere nei fratelli l’icona del Creatore, seppure in modo confuso e velato a causa del peccato. «Nell’intimo della coscienza – leggiamo nella Gaudium et Spes – l’uomo scopre una legge che non è lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire. Questa voce, che lo chiama sempre ad amare, a fare il bene e a fuggire il male, al momento opportuno risuona nell’intimità del cuore: fa questo, evita quest’altro. L’uomo ha in realtà una legge scritta da Dio dentro al cuore; obbedire è la dignità stessa dell’uomo, e secondo questa egli sarà giudicato. La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli è solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità»[2].
Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te (cfr. Mt 7,12; Lc 6,31). Anche questa è una parola di Gesù riportata dal vangelo di Matteo. È stata chiamata dai Padri della Chiesa la “regola d’oro” e questa regola d’oro viene ora manifestata nel giudizio. Ci sarà chiesto se abbiamo visto fattivamente nei nostri fratelli più vicini la rivelazione di Gesù, soprattutto in quelli bisognosi. In altre parole, se sulla terra abbiamo cominciato a raccogliere le piccole pietre per la costruzione della comunione definitiva, se abbiamo visto nella vita il tempo per imparare la comunione, la carità.
Questa sera tre nostri fratelli ricevono il ministero del lettorato e dell’accolitato in vista della loro ordinazione presbiterale. Per una grazia particolare questo rito si svolge nella domenica di Cristo, Re dell’universo. Il sacerdote, infatti, non ha altro scopo se non quello di far conoscere Cristo, colui in cui tutto ritrova il suo volto originario, in cui la creazione viene interamente restaurata. Il dipinto del mondo si sta completando. Egli lo consegnerà al Padre, avendo sconfitto ogni ombra (cfr. 1Cor 15,24). Come abbiamo sentito da san Paolo, l’ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte (1Cor 15,26). Questo è il mondo in cui stiamo per entrare, il mondo dove vi è solo luce e carità, in cui Dio è tutto in tutti (cfr. 1Cor 15,28).
Cari fratelli e sorelle,
la luce della fede ci introduce in una considerazione pacata e realistica della vita presente: essa è una lotta tra il bene e il male, dove non mancano le prove, i dolori, le fatiche. Ma Cristo risorto ci assicura la vittoria, se accettiamo di partecipare ai misteri della sua vita che ogni anno si ripresentano nella loro interezza.
Nella prossima domenica riprenderemo il cammino dell’Avvento verso l’Incarnazione del Figlio di Dio. Potremo così, giorno dopo giorno, essere rifatti nuovi per entrare con Lui nella sua festa di luce e di gloria. Amen.
[1] Cfr. Sant’Agostino, Cfr. Serm. Dobeau 26, 36.
[2] Concilio Vaticano II, Gaudium et Spes, 16.